venerdì 30 ottobre 2009

Festival di Cinema Africano: a Verona dal 13 al 21 novembre

Venerdì 13 novembre prenderà il via la XXIX edizione del Festival di Cinema Africano. Un appuntamento fisso per la città di Verona che, come ogni anno, vede tra i promotori anche ProgettoMondo Mlal, insieme al Centro Missionario Diocesano di Verona, Nigrizia Multimedia e l’associazione Crescere Insieme.
Il cinema teatro Stimate di via Montanari, il cinema Mazziano in via Madonna del Terraglio e il teatro Santa Teresa di via Molinara, dal 13 fino al 21 novembre ospiteranno una serie di film e documentari per incontrare la cultura e il cinema del continente africano.

Uno spazio importante sarà dedicato alle proposte rivolte al mondo della scuola, nella convinzione de festival stesso di essere uno strumento di educazione interculturale molto importante all'interno del territorio.
L'esperienza di ProgettoMondo nel campo dell'educazione e della cooperazione allo sviluppo, troverà quindi ampio spazio all'interno della manifestazione, sia con la proiezione di due recenti videodocumentari girati in Marocco, sia con l'ormai consolidata promozione di attività specifiche dedicate alle scuole, per affrontare la complessa e fondamentale questione dei diritti umani. Tematica ancora più sentita quest'anno, in occasione del ventennale della Convenzione dei Diritti dell'Infanzia. La salvaguardia e la promozione dei diritti sono sempre stati al centro degli interessi del festival veronese che, attraverso il cinema ha sensibilizzato il pubblico su queste tematiche di primaria importanza. Parlare ai bambini dei diritti dell'infanzia non significa parlare loro di bambini lontani e di infanzia violata, ma significa parlare proprio di loro, della realtà in cui vivono, delle situazioni in cui sono protagonisti.

Proprio per far riflettere i più piccoli sull'importanza dei loro diritti, dal 14 al 20 novembre, le proiezioni della mattina saranno dedicate agli studenti della scuole secondarie inferiori e superiori. Tra le proiezioni in programma, lunedì 16 novembre, troveranno spazio ben tre documentari su diverse attività di ProgettoMondo Mlal, sia in Marocco che in Burkina Faso. Nel primo paese sono stati realizzati i video “La scuola fra le nuvole” e “Il futuro sospeso”. L'uno sulle attività dedicate dall'associazione allo sviluppo dell'alfabetizzazione e dell'istruzione in genere nella regione di Tadla Azilal. L'altro sul delicato e quanto mai attuale tema dell'emigrazione clandestina che caratterizza sempre la stessa regione, arroccata sulle montagne marocchine e lontana dal mare.
Dal Burkina, invece, arriva una preziosa testimonianza su un progetto dedicato al miglioramento delle condizioni sanitarie, in particolare delle donne e dei bambini che vivono nelle regioni regioni Hauts Bassins e Cascades (I sentieri della salute). I tre documentari sono stati girati dalla regista Annamaria Gallone, che sarà presente in sala per raccontare la sua esperienza in prima persona.
Venerdì mattina verranno replicati i due video sul Marocco, a cui se ne aggiungerà un terzo: Ghorba, che dà voce a difficoltà quotidiane, sentimenti, aspettative e nostalgie di chi, lontano dal suo Paese d'origine, vive ormai da anni in Italia. Questa volta sarà presente in sala un rappresentate della fondazione marocchina Zakoura Education che è partner di ProgettoMondo Mlal nella realizzazione dei vari programmi di cooperazione allo sviluppo.

Dalle sale della città, le proiezioni si sposteranno anche nelle scuole, come una sorta di materiale didattico itinerante e punto di partenza per stimolare l'incontro e il confronto con i piccoli veronesi. Nel corso due diverse giornate ProgettoMondo Mlal entrerà infatti in un paio di scuole elementari di Verona e provincia mentre, nell’istituto tecnico L. Calabrese di san Pietro In Cariano, sarà accanto alla fondazione lettera27, per un percorso finalizzato a fornire agli studenti alcuni spunti sulla cinematografia africana e sviluppare con loro una capacità di analisi dei testi audiovisivi, attraverso l’uso dell’enciclopedia Wikipedia.

Il percorso di presa di coscienza di una società in trasformazione e sempre più multietnica, coinvolgerà anche docenti ed educatori, a cui è dedicato un corso di formazione ad hoc dal titolo “Seconde Generazioni a scuola”, che si terrà sabato 14 novembre dalle 14,30 alle 18,30 nella Sala Elisabetta Lodi in via San Giovanni in Valle. Il corso si propone di fornire approfondimenti sulla realtà delle seconde generazioni e fornire nuovi spunti metodologici e didattici per strutturare il lavoro in classe.

Parlare di diritti significa conoscerli, prendere consapevolezza di esserne titolari e di doverli anche rispettare nei confronti degli altri. Significa rileggerli alla luce dei mutamenti in atto che chiedono a tutti con forza una nuova interpretazione ed un nuovo ruolo del concetto di cittadinanza. In cui ciascuno, vicino e lontano, è assoluto protagonista.
In questo quadro di lettura vanno inserite le proposte che la XXIX edizione del Festival di Cinema Africano dedica al mondo della scuola, luogo privilegiato per avviare una riflessione lungo le direzioni tracciate. Con l’auspicio che l’occasione che il territorio offre sia matrice di importanti cambiamenti e spunto per nuove prospettive.

mercoledì 28 ottobre 2009

Nasce in Bolivia il primo Tribunale per la Giustizia Climatica

In occasione della Giornata Internazionale per la Riduzione dei Disastri Naturali, il 14 ottobre in Bolivia si è riunita la piattaforma che lavora per ridurre i rischi dei disastri naturali su impulso degli articoli del Protocollo di Kyoto.
Il degrado ambientale colpisce soprattutto i paesi del Sud del mondo e, nel solo 2008, fenomeni come le inondazioni, gli uragani, ma anche i terremoti e la siccità hanno tolto la vita a oltre 235mila persone.
La piattaforma riunitasi in Bolivia, composta da istanze municipali, dipartimentali e nazionali, ha lo scopo di articolare le istanze nazionali, gli organismi e le agenzie di cooperazione tecnica e finanziaria al fine di sviluppare azioni di prevenzione al rischio, rispondendo in maniera tempestiva ai disastri e favorendo una politica di prevenzione e mitigazione.
Ma il protocollo di Kyoto, tra le sue buone intenzioni, non contempla sanzioni contro chi provoca crimini ambientali che affliggono il pianeta.

Per questo il 12 ottobre, durante la Giornata delle Resistenza Indigena, i rappresentanti di organizzazioni sociali e per la difesa dei diritti umani si sono riuniti in Bolivia per dibattere casi di inquinamento ambientale in America latina e formare il primo Tribunale Internazionale della Giustizia Climatica. Un tribunale etico pronto a giudicare e penalizzare imprese e governi che contaminano l'ambiente, in risposta ad ambientalisti e gruppi indigeni che chiedono di frenare la distruzione dei paesi in via di sviluppo, i cui abitanti hanno il diritto di esigere e ricevere riparazioni per i saccheggi e i danni subiti. Da qui la necessità di analizzare il cambio climatico in una prospettiva di giustizia ambientale che i paesi del nord devono ai paesi del sud.
La prima sessione del Tribunale Internazionale della Giustizia Climatica, promossa dalla piattaforma boliviana sui rischi dei disastri ambientali, si è tenuta in Cochabamba, il 13 e 14 ottobre, negli ambienti dell’Università “Mayor de San Simon” e ha analizzato e condannato moralmente otto casi presenti in Ecuador, due in Bolivia e Perù e altri in Colombia, San Salvador e Brasile.

Qualche giorno dopo, il 16 e il 17 di ottobre, i Paesi per l’Alternativa Bolivariana per i popoli d’America (ALBA) si sono riuniti sempre a Cochabamba per dare forza e peso al nuovo Tribunale, con l’obiettivo di far pagare ai paesi sviluppati il “debito ecologico” per danni causati all’ambiente. I presidenti dei 9 paesi riuniti nel settimo vertice dell’Alba hanno deciso di creare un gruppo di lavoro per studiare la costituzione del Tribunale. Tra le altre cose, hanno anche sottoscritto una dichiarazione sui Diritti della Madre Terra e gli impatti dovuti al cambio climatico che presenteranno in occasione del Conferenza sul Cambio Climatico che si svolgerà a Copenaghen a fine anno. Nella dichiarazione, ai paesi sviluppati è chiesto di approvare meccanismi di compensazione per i paesi che preservano, proteggono e conservano le loro foreste.

ANNA ALLIOD, cooperante ProgettoMondo Mlal Bolivia

lunedì 26 ottobre 2009

Proibito il Gay Pride a Duque de Caxias

José Camilo Zito, sindaco del municipio di Rio de Janeiro Duque de Caxias, ha proibito la realizzazione della quarta Manifestazione sulla Diversità LGBT (Lesbiche, Gays, Bisessuali e Transessuali). Nemmeno la presenza del Ministro dell'Ambiente ha cambiato la sua decisione e questo ha generato una protesta da parte degli attivisti e del ministro stesso.
La notizia è di un paio di settimane fa e, per l'esattezza, risale a domenica 11 ottobre.
Quello di Duque de Caxias è il secondo più grande Gay Pride LGBT nello Stato di Rio de Janeiro e settimo in tutto il Brasile.
Il Centro di Referenza alla Lotta all’Omofobia, rappresentato dall'avvocato della Ong di diritti umani Projeto Legal, Ernane Alexandre Perreira, e tutto il Movimento LGBT hanno tentato di dare inizio alla manifestazione, ma le forze pubbliche hanno proibito l´accesso alle strade della città. Per questo motivo più di 150mila persone riunitasi nella principale via della città, Brigadeiro Lima e Silva, non hanno potuto sfilare per la rivendicazione dei propri diritti.
É stato liberato solo un palco dove le autorità presenti si sono pronunciate sulla vergognosa e incoerente situazione.
Il deputato federale Fernando Gabeira (PV), probabile candidato al governo dello stato, ha ripudiato l´atteggiamento del sindaco definendolo ipocrita, e affermando: É importante accettare le evoluzioni in corso, altrimenti è meglio candidarsi in un altro paese, come la Corea del Nord, dove sarebbe più felice. (Fonte: O Dia)
In novembre a Duque de Caxias ci sarà una manifestazione evangelica e quindi il potere pubblico fa in modo di valorizzare solo alcuni eventi, ma la legge 3406 condanna gli stabilimenti commerciali e gli amministratori pubblici che commettono discriminazione per orientamento sessuale.
L´atteggiamento del sindaco va in contromano al cammino della Storia. Il Gay Pride LGBT è una manifestazione sociale di rivendicazione dei diritti ed espressione ideologica. Proibire alle persone di praticare la loro cittadinanza e libera espressione significa tornare indietro rispetto a tutto ciò che è stato fatto fino ad oggi, inoltre è antidemocratico. La Baxiada Fluminense ha il più alto tasso di omicidi di omosessuali e manifestazioni come questa aiutano a dare visibilità all’omofobia, inoltre, questa politica dimostra il non –allineamento con le politiche pro-LGBT che sono state e vengono attuate dal governatore Sergio Cabral, ha detto il sovrintendente di Stato Cláudio Nascimento.
La presidente del Gruppo di Pluralità e Diversità, Sharlene Rosa, travestito, ha dichiarato che il sindaco ha offeso più di 150mila cittadini, venuti per lottare a favore di un municipio più giusto, egualitario e senza omofobia. Con la proibizione della Manifestazione di Duque de Caxias, la popolazione presente ha seguito un corteo silenzioso reggendo 124 metri del principale simbolo della comunità LGBT: la bandiera dell'arcobaleno.

FRANCESCA MENEGON, cooperante ProgettoMondo Mlal in Brasile per il progetto "La strada delle bambine"

giovedì 22 ottobre 2009

Clima di terrore: Testimonianze da Rio De Janeiro

"Questo è stato l´attacco più drammatico vissuto negli ultimi trent'anni. Sono rimasto a casa in ansia. Sentivo molte persone che gridavano e rumore di spari. Ma adesso la situazione sembra si sia normalizzata”. Poche parole, quelle di Geraldino Felisberto, per descrivere il fine settimana di terrore vissuto a Rio de Janeiro dove i trafficanti hanno abbattuto un elicottero della polizia a colpi di arma da fuoco, causando la morta di tre poliziotti. L'aeronave è stata colpita sabato mattina (17 ottobre), mentre stava recuperando alcuni poliziotti feriti durante la guerra del traffico per il controllo del Morro dos Macacos, a Vila Isabel.
Il pilota è riuscito a evitare che l’elicottero cadesse sopra le case. Subito dopo 8 autobus sono stati incendiati in diversi punti della Zona Nord. “Adesso dobbiamo avere anche paura che un elicottero della polizia colpito dai trafficanti cada tra la gente?” si chiede Paulo Roberto Lima dos Santos.

La guerra del traffico è iniziata quando un bandito della comunità di Vila Cruzeiro, Complexo do Alemão, dal nome Luis Fabiano Atanazio da Silva, ha riunito più di 150 uomini della fazione del Comando Vermelho di 8 favelas per invadere il Morro dos Macacos.
Venerdì pomeriggio la Segreteria di Sicurezza Pubblica, informata del possibile attacco, è entrata nella comunità di Ararà uccidendo 5 trafficanti e tentando di bloccare gli accessi alla comunità dei Macacos. Ma i trafficanti, venerdì notte, sono riusciti comunque a invaderla uccidendo 10 uomini. Tra questi, tre giovani della comunità che stavano tornando a casa, dopo una festa, brutalmente uccisi perché confusi con altri trafficanti, pensando si trattasse di un'imboscata.
Il giorno dopo, sabato mattina, 120 poliziotti sono entrati nel Morro dos Macacos. I banditi hanno aperto il fuoco, cercando di bloccare le entrate a 8 autobus e una macchina (una perdita di un milione di €) e abbattendo un elicottero blindato: una vera e propria guerra civile metropolitana che ha creato un clima di terrore in tutta la città.
“A un certo punto, ho cominciato a contare il numero di spari – racconta Rafael Barros -. Ogni scarica era di circa 15 spari. Quando sono arrivato a 300 ho smesso. E ho contato per soli 10 minuti. Per il tempo che è durato il conflitto a fuoco ci sono state circa 1000 scariche”.

Successivamente il capo del traffico avrebbe chiamato il rivale della favela Rocinha, a São Conrado, avvisando che avevano occupato il Morro dos Macacos e che avrebbero invaso anche la Rocinha se non avessero cambiato di fazione (ADA).

Una guerra iniziata solo due settimane dopo che Rio de Janeiro è stata scelta come sede dei Giochi Olimpici 2016. “Questo è il risultato della Sicurezza Pubblica di Rio de Janeiro – dichiara un altro testimone, che conclude: Viva il 2016! Si salvi chi può”.

FRANCESCA MENEGON, cooperante ProgettoMondo Mlal in Brasile per il progetto "La strada delle bambine"

martedì 20 ottobre 2009

La metropoli diseguale e i diritti da affermare

Capovolgere i luoghi comuni in tema di “diritti umani e giovani”, facendo sì che siano proprio i ragazzi a diventare promotori di diritti. Il programma Per una regione di nuovi cittadini ha portato ProgettoMondo Mlal in quattro diversi Paesi del Mercosur e il Cile, con l'obiettivo di creare una rete in tema di diritti umani. Insieme alle Organizzazioni di base delle comunidades-favelas sono state individuate le principali aree di violazione dei diritti, per arrivare a elaborare nuove proposte di politiche pubbliche. Ma non ci si è fermati al locale e, attraverso scambi con i ragazzi delle diverse città coinvolte nel progetto, è stato possibile socializzare le esperienze di ogni associazione partner e costruire insieme proposte comuni.

In Brasile il lavoro è stato portato avanti nei quartieri più difficili di Rio de Janeiro e di Recife, tramite incontri organizzati dal partner Fase. Negli incontri di formazione si è discusso del ruolo delle istituzioni pubbliche, di diritti umani e della costituzione come strumento di promozione della giustizia sociale. L’approccio prescelto è stato quello di offrire spunti e favorire riflessioni, così da permettere ai ragazzi di costruire in piena autonomia, e a partire dalla specificità di ogni gruppo, il proprio percorso nel progetto.
Moltissimi i linguaggi utilizzati dai ragazzi, come molteplici e diverse sono state le esperienze di mobilitazione a Rio.
Per mezzo della fotografia o producendo cortometraggi e documentari di controinformazione, con la danza, il teatro, i graffiti o l'immancabile musica, i giovani hanno affrontato le diverse tematiche che sentono più vicine in termini di difesa dei propri diritti. Ma quali le necessità più urgenti? Per esempio quella di promuovere l'interscambio tra città e comunidade, denunciando i diritti che vengono violati all'interno di quest'ultima e rivendicandone il diritto alla cultura per i suoi abitanti, oppure organizzare corsi annuali di preparazione alle prove d'ingresso universitarie per i ragazzi dei quartieri più critici di Rio. Affrontare il problema delle malattie sessualmente trasmissibili, o riciclare materiali trasformandoli in oggetti eco-artigianali, coniugando diritto all'ambiente e auto-impiego.

Una serie di situazioni di emarginazione giovanile da capovolgere, anche con il rafforzamento delle realtà esistenti e nell'articolazione di una rete che ha coinvolto giovani di 6 metropoli sudamericane. Una rete di cui si sente il bisogno anche nelle città sempre più diseguali del nostro continente.

Diego Striano, servizio civile in Brasile per ProgettoMondo Mlal

venerdì 16 ottobre 2009

Giornata mondiale dell'alimentazione: aiutare, ma nel rispetto

Cibo per tutti o indipendenza alimentare? Qual è l’aiuto migliore per assicurare il diritto al cibo nei Paesi in via di Sviluppo? È sufficiente garantire l’arrivo e distribuzione delle derrate alimentari di base o è opportuno investire più a lungo termine perché queste derrate siano anche auto-prodotte in nome di un'autonomia totale?
Nella Giornata Mondiale dell'Alimentazione, che si celebra il 16 ottobre, ProgettoMondo Mlal conferma il proprio impegno per il raggiungimento e la difesa di un'autonomia alimentare in ogni Paese, perché vengano sconfitte, non solo denutrizione e mancanza di cibo, ma anche la malnutrizione causata dal consumo di pochi alimenti poveri a livello nutritivo.
Per chi lavora nella cooperazione allo sviluppo, aiutare alcune popolazioni a migliorare la propria alimentazione, significa naturalmente porre attenzione anche a non sconvolgerne tradizioni e i fragili equilibri interni.

È quanto si sta facendo ad Haiti, il Paese più povero dell’America Latina, nel territorio di Grand Rivière a 30 chilometri dalla capitale dove, ProgettoMondo, è impegnato nel programma “Piatto di Sicurezza”. Qui la produzione si riduce in sostanza a mais e fagioli. Il lavoro dell'associazione per modificare le abitudini alimentari della gente, e potenziare la coltivazione di ortaggi e frutta, per quanto essenziale, è quindi lungo e delicato. E passa attraverso l'insegnamento di nuove tecniche di coltivazione agli agricoltori del luogo, promuovendo il lavoro di gruppo e valorizzando il ruolo delle donne, fino alla formazione di un comitato responsabilizzato che assisti i piccoli produttori nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti.

Anche in Bolivia, i protagonisti dei cambiamenti interni alla produzione locale sono i piccoli agricoltori. Come Calixto Subelsa della comunità di San Josè, promotore agricolo del Progetto “I figli della miniera”. È lui che segue le 8 serre costruite nella zona per la produzione di ortaggi che arricchiscano le razioni della merenda scolastica destinata ai bambini. In Bolivia la denutrizione dei bambini sotto i 5 anni è ancora del 26,5%. È una bella soddisfazione quindi per ProgettoMondo Mlal, poter contribuire alla Sovranità Alimentare del Comune di Cotagaita, una zona estremamente povera del sud ovest boliviano, dove grazie anche all’appoggio della solidarietà italiana, si è riusciti a stimolare e rafforzare le capacità locali per fornire ai suoi piccoli abitanti un’alimentazione varia, di qualità e dalle caratteristiche nutrizionali ottimali, contribuendo così alla realizzazione di uno sviluppo locale sostenibile.
Per la promozione di opportunità economiche, produttive e sociali, ProgettoMondo Mlal ha realizzato anche il progetto "Vita Campesina", ben raccontato nel video qui sotto: "Il pranzo è servito". Grazie al progetto, i bambini bambini della comunità di Quirve oggi si portano con orgoglio da casa, per la pausa a scuola, un cetriolo, un pomodoro, due foglie di lattuga. E ne sono felici. Il raccolto in eccesso verrà portato dalle donne del villaggio al mercato e inoltre frutta e verdura potranno essere lavorate, trasformate e conservate nel tempo.



Per ridurre la denutrizione cronica dei più piccoli e promuovere la sovranità alimentare delle comunità indigene Mam, ProgettoMondo Mlal ha avviato un programma di Emergenza alimentare anche in Guatemala. Il Paese più popolato del Centroamerica, con 13 milioni di abitanti, stagna nella stessa povertà di trent'anni fa. La zona di Comitancillo dove interviene l'associazione vede un tasso di malnutrizione che raggiunge il 70% della popolazione, e che riguarda 8 bambini su 10 in un'età compresa tra zero e cinque anni.
Ma collaborando con i contadini locali migliorare è possibile: tra gli ultimi successi significativi, quello sull’altipiano, in località Paquix. Qui, le condizioni climatiche e geomorfologiche ideali avevano consigliato qualche anno fa di introdurre la produzione di patate e di patate da sementi. E la qualità dei due prodotti è già rinomata in tutto il Guatemala tanto che la domanda di altri Paesi della regione, come il Nicaragua, è aumentata, e a causa di una riduzione della produzione totale il prezzo è arrivato a quasi 20 € al quintale.
Il progetto di Emergenza alimentare è di fatto la prosecuzione del precedente "La forza dell'acqua", avviato a partire dal 2007 per ridurre nella popolazione indigena la denutrizione cronica causata da fattori strutturali di povertà e anche dalle gravi minacce climatico-ambientali particolarmente ricorrenti in tutta la regione, creando delle precondizioni strutturali e per il raggiungimento di una situazione di sovranità alimentare. Come racconta il video qui sotto.



Al tema del diritto al cibo, e ai suoi Progetti ad esso dedicati, ProgettoMondo Mlal dedicherà quest'anno anche la campagna natalizia. Lo farà con un calendario fotografico zeppo di dati, curiosità e ricette tipiche di 12 Paesi di America Latina e Africa; e con simpatici biglietti di auguri illustrati da una disegnatrice con l’acquisto dei quali sarà possibile mandare i propri auguri ad amici e parenti e, nel contempo, sostenere il diritto all’alimentazione in 12 Paesi del Sud del mondo.

mercoledì 14 ottobre 2009

Fermare la fame a partire dai piccoli produttori

Quasi un sesto dell'intera popolazione mondiale (pari a 1,2 miliardi di persone) è malnutrita o soffre la fame. È quanto emerge dal nuovo rapporto della FAO “Lo stato dell’insicurezza alimentare nel mondo”, che rileva un aumento di popolazione sottonutrita anche nei paesi sviluppati.
“Numeri dietro cui stanno le facce di altrettanti esseri umani, uomini donne e bambini, a cui la società civile e le istituzioni devono delle risposte”, ha dichiarato Sergio Marelli, direttore generale della Focsiv che, proprio nei giorni scorsi ha presentato il documento “Risposte alla crisi alimentare mondiale e raccomandazioni per il futuro”.
L'aumento delle persone malnutrite anche nei paesi sviluppati è dovuto soprattutto alla crisi economica-finanziaria e all'innalzamento dei prezzi, che rendendo l’accesso al cibo sempre più caro, hanno portato sempre più persone a ridurre la diversificazione nella dieta. Una tendenza che, secondo il direttore generale della Focsiv, Sergio Marelli, era già iniziata prima della crisi. Spiega Marelli: “Politiche agricole miopi, politiche commerciali ingiuste, la pressione verso un modello di produzione industriale e destinato all’esportazione, il vuoto nella governance riempito da istituzioni finanziarie internazionali che hanno incentivato la riduzione degli investimenti nel settore agricolo, hanno creato le condizioni perché questa crisi esplodesse senza che i paesi avessero gli strumenti per arginarne gli effetti”.
L’agricoltura rappresenta l’attività principale nei paesi in via di sviluppo e un settore che può fare da volano all’economia di un paese se solo si investissero maggiori risorse. La stessa FAO lo afferma nel suo rapporto. “Sostenere che ci sia bisogno di maggiori investimenti, però, non vuol dire che per combattere la fame nel mondo si deve puntare sull’aumento di produttività, ottenibile con sistemi di produzione intensivi, utilizzo massiccio di fertilizzanti e pesticidi, ed eventualmente impiego di sementi transgeniche” specifica Marelli.
Piuttosto significa ridare il giusto peso all’agricoltura nelle politiche pubbliche investendo per garantire ai piccoli produttori di cibo le condizioni per produrre.

In occasione della settimana dell’Alimentazione e in particolare della Giornata Mondiale per l’Alimentazione del 16 ottobre, la FOCSIV e i suoi organismi associati partecipano all’iniziativa IO FACCIO LA CENA GIUSTA di Fairtrade Italia. “Attraverso tutte queste iniziative vogliamo sottolineare che non si può più ignorare la confluenza della crisi alimentare con quella economica e climatica", dichiara ancora Sergio Marelli.

martedì 13 ottobre 2009

Trasformare la crisi alimentare in opportunità di cambiamento

“L’inizio del 2009 ha visto quasi una persona su sette nel mondo soffrire di fame cronica per arrivare a 1 miliardo di persone secondo i dati dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO)”. È questa la realtà descritta dal direttore generale della Focsiv, Sergio Marelli, in occasione della presentazione del documento Risposte alla crisi alimentare mondiale e raccomandazioni per il futuro che si è tenuta al festival del cibo equo e sostenibile a Parma.
Un testo ricco di spunti di riflessione e di proposte concrete che partono dalla convinzione che “non si può più ignorare la confluenza della crisi alimentare, economica e climatica”. Una confluenza, come visto, dalle portate drammatiche. Eppure queste crisi si potrebbero trasformare in opportunità di cambiamento: “nei prossimi mesi la comunità internazionale ha la possibilità concreta di riformare i sistemi di governo per incoraggiare uno sviluppo davvero sostenibile, la sicurezza alimentare e lo sradicamento della povertà nel mondo” ha continuato Marelli. “Esistono numerose sedi in cui i governi e le istituzioni hanno potuto e possono agire: il summit del G8 con l’adozione della Dichiarazione congiunta dell’Aquila sulla sicurezza alimentare globale, la FAO e il Summit delle Nazioni Unite sulla sicurezza alimentare mondiale che si terrà il prossimo novembre, e la Conferenza internazionale di Copenaghen sui cambiamenti climatici del prossimo dicembre”.

In particolare il documento si concentra sulle responsabilità di Stati Uniti (USA) e Unione europea (Ue) in rapporto all'attuale crisi alimentare senza trascurare le responsabilità dei governi dei paesi in via di sviluppo. Inoltre sottolineando la portata dell'attuale crisi ne analizza le risposte che sono state elaborate fino ad oggi, e presenta raccomandazioni concrete: includere il diritto all'alimentazione come linea guida per le loro politiche; aumentare gli aiuti all'agricoltura a sostegno del diritto all'alimentazione; promuovere la multifunzionalità dell'agricoltura. Nella pratica, Ue e USA dovrebbero sostenere meglio le politiche agricole dei paesi in via di sviluppo contribuendo a un ambiente politico che affronti i numerosi fattori che limitano la capacità dei piccoli agricoltori, delle famiglie guidate da donne e dei lavoratori privi di terra; eliminare l'instabilità dei prezzi: provvedere a scorte di cibo e vietare le speculazioni sui prodotti agricoli; creare una nuova via per il commercio tenendo conto che senza una riforma ambiziosa delle politiche commerciali l'impegno verbale di Ue e USA di combattere la fame resterà inattuato.

venerdì 9 ottobre 2009

Burkina: curare le persone prima di tutto ascoltandole

Rafforzare la consapevolezza delle persone sulle questioni che riguardano la salute, tenendo conto delle loro percezioni e delle soluzioni da loro solitamente adottate. È su questo principio che si basa l'epidemiologia comunitaria utilizzata in Burkina Faso all'interno dei programmi realizzati da ProgettoMondo Mlal in tre regioni del Paese.
Tounaba Boukary Belem è coordinatore sanitario dei due progetti (Sentieri della Salute e Alla ricerca del benessere) che impegnano l'associazione nel migliorare le condizioni sanitarie e sociali della popolazione delle regioni Hauts Bassins, Cascades e Gaoua. Gli obiettivi sono tre: misurare la qualità del servizio sanitario presente sul territorio, migliorare l'accesso finanziario ai servizi sanitari e, quindi, migliorare la partecipazione comunitaria.

In una realtà in cui la prima persona di riferimento per curarsi è ancora oggi il guaritore, cambiare le abitudini mediche delle persone richiede una certa attenzione e la consapevolezza che si tratta di un passaggio culturale con dei tempi da rispettare. L'epidemiologia comunitaria rappresenta una metodologia nuova, una tecnica di approccio ai problemi che mira a individuare possibili soluzioni a partire dal dibattito tra gli abitanti dei villaggi. Ad esempio la comunità si interroga sul perché della morte materna (chiamata morte rossa) o sul perché della morte per morbillo. In questo caso, attraverso il confronto e la riflessione, gli abitanti del villaggio comprendono che lo stato vaccinale di un bambino sotto l'anno di vita è troppo complesso da seguire, perché richiede alla famiglia di portare il proprio bambino dal medico cinque volte nell'arco di un anno. Da qui l'accettazione di progetti ad hoc pensati per la formazione di una persona interna al villaggio (anche con corsi di alfabetizzazione) destinata a occuparsi di controllare lo stato di vaccinazione dei più piccoli.

Per rendere le cure più accessibile alla popolazione, il progetto prevede anche attività generatrici di reddito (microcredito) destinate in particolare alle donne, la cui indipendenza economica è fondamentale per migliorare le condizioni di salute di loro stesse e dei loro figli.

Un aiuto economico arriva anche dalla razionalizzazione delle ricette e dal progetto di stabilire un prezzo forfettario fisso per il diritto a qualsiasi cura. In questo momento il ticket per una visita si aggira sui 100-150 CFA (Communauté Financiere Africaine) là dove 1 euro vale 656 CFA e dove il 46% della popolazione vive sotto la soglia di povertà fissata a un reddito annuo di 82mila CFA (pari a circa 130 euro).
Il fatto che il ticket sia in qualche modo accessibile a tutti, rimanda però al problema principale del costo dei farmaci. Per questo il progetto, in accordo con il Ministero della Sanità, mira a razionalizzare le ricette e a fornire al personale sanitario schemi di trattamento rigidi da rispettare per ogni patologia.

Di recente Belem è stato in Italia per un corso di specializzazione in “Organizzazione e Management dei servizi socio-sanitari” indirizzato a 11 dirigenti di sette diversi paesi esteri in via di sviluppo. Il corso, organizzato da Cestas e Università di Bologna, gli ha offerto l'occasione di conoscere meglio il sistema sanitario italiano, con il suo principio di accesso universale alla salute, e il modello integrato tra pubblico e privato inesistente in Burkina. A suscitare particolare interesse nel medico burkinabè è stata poi l'esperienza di stage alla Ant (associazione nazionale tumori), che gli ha permesso di approfondire il tema dell'assistenza medica a domicilio: una metodologia che di recente ha iniziato ad essere applicata anche nei progetti in Burkina.
In questo paese nell'ovest dell'Africa, le malattie più mortali sono ancora la malaria, soprattutto sotto i 5 anni, le malattie infettive respiratorie da microbi (causate soprattutto dal vento secco che caratterizza il clima tra gennaio e maggio) e la meningite. Ma a creare i maggiori problemi di salute è una generale malnutrizione che rende vulnerabili soprattutto i più piccoli. Un problema trasversale, che è alla base del nuovo progetto con l'Unicef partito a maggio. È in questo progetto che si sta sperimentando la formula dell'assistenza sanitaria a domicilio. Grazie alla nascita di piccoli centri locali interni al villaggio, affidati alle cure di un responsabile sanitario, mamme e bambini non sono più costretti a spostarsi fino a Banfora per ricevere diagnosi e cure. Di fatto, la cura dietetica per la malnutrizione si basa su concentrati alimentari (ready to use food) e controlli periodici settimanali. Ma con l'assistenza a domicilio è più facile, oltre che curare i bambini, anche educare i loro genitori su come nutrirli.

mercoledì 7 ottobre 2009

Servizio civile, assegnati 5 posti ... Per dare il cambio a chi rientra

Sono cinque i Caschi Bianco in partenza con ProgettoMondo Mlal per la metà di novembre. Si tratta di ESTER BIANCHINI, 27 anni di Rieti (che andrà in Bolivia nel progetto Qalauma); MARTINO BONATO, 25 anni di Firenze (che andrà in Bolivia nel progetto Vita Campesina); LEONARDO BUFFA, 25 anni di Aosta (anche lui in Bolivia nel progetto Vita Campesina); SARAH REGGIANINI, 26 anni di Bologna (in Brasile a Rio nel progetto La Strada delle bambine); MARIANNA TAMBURINI, 28 anni di Padova (in Nicaragua nel progetto Edad de Oro); MARIA GRAZIA DEPALMAS, 26 anni di Nuoro (andrà in Marocco per Scuola e sviluppo).
In realtà i posti disponibili per l’anno 2009-2010 erano 10. Cinque cioè sono rimasti vacanti: per due progetti in Brasile, (Casa Melotto e La strada delle bambine), uno in Nicaragua (Edad de Oro), uno sui Bambini lavoratori in Perù e, in Africa, Sentieri della salute, per migliorare le condizioni sanitarie e sociali della popolazione delle regioni Hauts Bassins e Cascades in Burkina Faso.
In queste ore è in corso la verifica sulla graduatoria della Focsiv per proporre una di queste destinazioni, a chi eventualmente fosse risultato idoneo ma non selezionato dalle Organizzazioni per le quali aveva fatto domanda.
Tutti i nuovi selezionati “entreranno in servizio” già a partire dal 2 novembre per una prima settimana di formazione promossa dalla Focsiv a Verona. Quindi, dal 9 al 14 novembre, si svolgerà una seconda settimana di formazione, in questo caso solo per gli operatori destinati ai programmi di ProgettoMondo Mlal, presso la nostra sede. Infine, la partenza, prevista metà novembre.

Proprio in questi giorni sono rientrati in Italia i sette Caschi Bianco che hanno dedicato un anno di servizio civile ai nostri Progetti in America latina.
Si tratta di SILVIA ALBERTI, 25 anni di Bergamo; GIORGIO CURRERI, 28 anni di Roma; LUCA SARTORELLI, 29 anni di Asolo (Tv); GIULIA TIENI, 26 anni di Verona; ILARIA BESSONE, 26 anni di Torino; DIEGO STRIANO, 28 anni di Napoli; FRANCESCA VILLA, 26 anni di Bergamo.
E forse la notizia più curiosa di questo rientro è che in realtà, ben quattro di loro, hanno già in tasca il biglietto per tornare al più presto nel Paese in cui hanno appena concluso questa esperienza di volontariato: Brasile e Perù. Segno che un’esperienza di questo genere, difficile o faticosa che possa essere, è destinata a lasciare un segno importante, quando non a cambiare addirittura i progetti di vita personali.
Un’indicazione senz’altro preziosa per i prossimi Caschi Bianco che si apprestano a dare loro il cambio.

Nelle ultime settimane, hanno inoltre preso servizio per ProgettoMondo Mlal altri tre operatori destinati ad altrettanti nostri Progetti al Sud.
Si tratta di: GIULIA GANDINI, chiamata in Marocco a collaborare per sei mesi come assistente capoprogetto nel Programma "Scuola e Sviluppo"; GAIA CONSADORI, 33 anni di Milano, con già un’esperienza di cooperazione in progetti di Emergenza alimentare in Nicaragua, che sarà per ProgettoMondo Mlal in Honduras per quattro mesi in un Progetto di emergenza. Infine, è in partenza per l’Argentina NICOLA BELLIN, 27 anni, vicentino, già volontario in servizio civile in Bolivia, per 1 anno operatore nell’ufficio Educazione di Verona e adesso destinato a provarsi come capoprogetto nella periferica di Cordoba in Argentina, dove coordinerà il Progetto Habitando.

martedì 6 ottobre 2009

A cento giorni dal golpe, Micheletti accenna al rientro di Zelaya

Centinaia di persone, arrivate dai 18 dipartimenti del Paese, si sono date appuntamento lunedì 5 ottobre a Tegucigalpa, la capitale dell'Honduras. Con canti hanno pregato per le persone decedute durante gli scontri con l’esercito e la polizia.

A 100 giorni dal colpo di stato contro il presidente Manuel Zelaya Rosales, Roberto Micheletti inizia a dare qualche indizio di flessibilità, pur da prendere con cautela.
Lunedì ha insinuato la possibilità del ritorno di Zelaya al potere, ma solo dopo delle elezioni del 29 di novembre. Una clausola che lascia perplessi.
Il governo ha anche abrogato il decreto illegittimo che sospendeva le garanzie costituzionali,sotto la pressione del congresso, dei candidati alla presidenza e del Tribunale Supremo Elettorale. Gli unici a favore del decreto sono sempre stati gli impresari e il movimento UCD, Unione Civica Democratica, sostenuta dalle grandi imprese e da diversi politici oltranzisti.
É importante sottolineare però che il decreto che dovrebbe abrogare le norme che sospendevano le garanzie costituzionali, diventerà esecutivo soltanto nel momento in cui sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. La data della pubblicazione non è stata decisa.

Lunedì c’è stata anche la visita di una senatrice del Congresso USA, la repubblicana Ros-Lehtinen, politica statunitense di estrema destra, molto conosciuta per l'appoggio che offre ai gruppi terroristici anticastristi residenti a Miami. La Ros-Lehtinen, naturalmente, ha sostenuto fortemente il governo Micheletti e ha giustificato la destituzione di Zelaya.
Dall’altro lato, un gruppo di deputati del partito democratico degli Stati Uniti, ha inviato una lettera al presidente del congresso dell’Honduras, ribadendo che l’unica soluzione al conflitto è la restituzione alla presidenza di Zelaya e lo svolgersi delle elezioni previste per il 29 novembre.

In un'intervista pubblicata domenica 4 ottobre sulla rivista brasiliana 'Veja', Micheletti si tira fuori da qualsiasi responsabilità per l’esilio di Zelaya, qualificandolo come una marionetta di Chavez, ma allo stesso tempo assicura che il suo allontanamento è avvenuto dentro la legalità. Anche se crede che sia stato un errore espellere Manuel Zelaya dal paese, Micheletti nell'intervista dichiara che “i militari avrebbero dovuto portarlo in tribunale, ma hanno deciso di mandarlo via dal paese per evitare spargimento di sangue”.
Roberto Micheletti ha poi affermato che i responsabili dell'esilio di Zelaya - di cui non ha fatto i nomi - saranno portati davanti alla giustizia e castigati.

PINO DE SETA, cooperante ProgettoMondo Mlal in Honduras nel programma Giovani per lo Sviluppo

venerdì 2 ottobre 2009

Paraguay, l'assenza dello Stato e il potere dei grandi produttori

L'attuale modello produttivo del Paraguay è caratterizzato da due poli opposti, regolati da forze di natura economica e politica che si attraggono e respingono a seconda della convenienza reciproca. Un polo si basa sulla grande produzione per esportazione, principalmente soia e carne bovina e, a seguire, fagioli, yerba mate e sesamo. Il mercato della produzione o vendita di questi prodotti viene controllato dalle grandi transnazionali e dai poteri economici e politici locali.
L'altro polo è costituito dalla piccola produzione, destinata all'auto-sussistenza, o a soddisfare fabbisogni alimentari interni al Paese. Questa produzione è caratterizzata principalmente da ortaggi, frutta, fagioli, manioca, canna da zucchero e piante medicinali e aromatiche.
Protagonista di questo polo produttivo è il piccolo produttore, che si trova a relazionarsi con il grande imprenditore, in una dipendenza reciproca e dinamica tra conflitto e sopravvivenza.
Il grande imprenditore agricolo del Paraguay occupa vasti spazi e contamina l'ambiente con insetticidi ed erbicidi, applicati senza rispettare le regole e le leggi ambientali vigenti e con la complicità implicita (per assenza territoriale) o esplicita (per corruzione) delle strutture statali.
Il piccolo produttore, con la sua scarsa produzione, non riesce a costituirsi come forza economica riconosciuta nel paese, né a professionalizzare il suo sistema produttivo, facendolo riconoscere del punto di vista normativo.
La relazione tra le due parti si gioca nel campo del sistema produttivo adottato. Da un lato il piccolo produttore si orienta a una produzione agroecologica e biologica, come strategia di rivendicazione sociale del suo ruolo economico e di reazione ai danni materiali provocati dall'uso indiscriminato dei prodotti chimici (contaminazione dei corsi d'acqua e problemi di salute dei bambini). Dall'altro il grande produttore realizza pressioni sociali per entrare in possesso delle superfici agricole utilizzate dai piccoli produttori.
Molti piccoli produttori scelgono però di coltivare prodotti agricoli per le esportazioni gestite dalle grandi transnazionali, o di vendere la propria terra al grande proprietario, come unica strategia economica per migliorare la loro condizione. Producono soia, arance, pomodori, consapevoli del fatto che sono coltivazioni con il mercato assicurato dalle grandi imprese locali e dove i rischi di perdita economica sono ridotti.
Naturalmente un simile schema produttivo trasforma il ruolo sociale del produttore, privandolo della sua caratteristica economica di agricoltore diretto e trasformandolo in un semplice mezzadro: il produttore ci mette la terra e il capitale lavoro, mentre l'imprenditore la semente/piante, alcuni mezzi operativi come fertilizzanti o prodotti fitosanitari e assicura l'acquisto del prodotto solo se vengono rispettate le condizioni di contratto stipulate con il piccolo produttore.
Il grande produttore limita l'autonomia produttiva dei piccoli sfruttando le loro debolezze e capacità per imporre strategie economiche in base ai mercati internazionali, senza contribuire in alcun modo alla crescita del Paese.
Per questo i piccoli produttori rivendicano maggior considerazione del loro ruolo economico nel Paese. Rivendicano la riforma agraria come migliore distribuzione della terra e programmi specifici orientati alle loro necessità, ma nello stesso tempo sono inseriti in un contesto economico in cui il loro unico ingresso dipende del gioco di regole economiche dettate dai grandi produttori nazionali. Dall'altro lato i grandi produttori proteggono i propri interessi, usando la loro influenza economica e politica per ostacolare il processo di riforma agraria e manipolando l'opinione pubblica a loro favore, con la minaccia di una rovina economica se il modello attuale viene cambiato.
In questa relazione pesa decisamente l'assenza dello Stato e di imprese socialmente responsabili che sappiano conciliare i loro interessi economici con le necessità della società contadina e articolare nuove forme di relazione dove l'obbiettivo non sia solamente massimizzare profitti economici.

Francesco Anichini
, già cooperante di ProgettoMondo Mlal in Paraguay, oggi in Guatemala nel progetto "Emergenza Alimentare"