venerdì 30 aprile 2010

Tre giorni “carcerati” a Qalauma

Tre giorni a Qalauma nel nuovo Centro destinato ai giovani ad oggi reclusi nel carcere di San Pedro in Bolivia. In vista dell'inaugurazione vera e propria della struttura, ultimata alla fine di febbraio, l'equipe del progetto ha infatti deciso di vivere per tre giorni all'interno del Centro per, come racconta il nostro casco bianco, Ester Bianchini “conoscerci meglio, conoscere l'infrastruttura di Qalauma, vedere gli spazi, immaginarci in situazioni nuove, esserci e condividere”.
Un'iniziativa nata da Riccardo Giavarini, responsabile del programma “Qalauma, giovani trasgressori” avviato da ProgettoMondo Mlal, ma fortemente condivisa e apprezzata da tutti.
Racconta Ester:
“Tre giorni a Qalauma, con tutto l’equipe riunito per condividere giorno e notte quello che presto sarà realtà! Gli immensi spazi ci hanno accolti, Don Andres ci ha procurato luce e gas, tutto è già pronto per accogliere i primi 30 ragazzi.
Grande convivenza e conoscenza reciproca, che ci ha permesso di svolgere al meglio un laboratorio per il lavoro d’equipe come mezzo di unione e di coesione. E poi giochi di ruolo, momenti di divertimento e distrazione (come solo guardare un film insieme) e una piccola festicciola per il compleanno di Gloria, assistente sociale di Qalauma.
Simulando la presenza dei ragazzi, ci siamo ruotati per la preparazione dei pasti, la gestione di regole e degli spazi, il rispetto degli orari e l’organizzazione interna.
Di fondamentale importanza in questo senso sono risultati proprio i giochi di ruolo per simulare situazioni critiche che incontreremo nella gestione del Centro: come l’arrivo dei ragazzi, la prima accoglienza, i conflitti per il cambio di ambiente e per la rinuncia dei ragazzi alle comodità di cui attualmente godono in San Pedro. E anche la gestione dei laboratori lavorativi, della cucina, del campo di calcio e della cappella sono stati simulati.
Una preziosa opportunità, infine, anche per prepararci alla prossima inaugurazione, organizzando gli spazi in vista di tale evento: si sono sistemate le camere dei ragazzi posizionando in ognuna un letto a castello (con i corrispettivi materassi, coperte, cuscini e lenzuola), un tavolo, le sedie e un piccolo armadio. Si è fatto ordine nella cucina, si sono sistemati i mobili nella parte amministrativa e, ovviamente, è stata resa più vivibile la parte destinata agli educatori, per 3 giorni a Qalauma. Occasione quindi più che concreta per renderci realmente conto di cosa voglia dire vivere nel Centro destinato al reinserimento sociale dei giovani trasgressori boliviani, e analizzarne gli spazi evidenziando difetti e virtù.
Ognuno di noi ha sacrificato impegni, scuola, famiglia per stare insieme e vivere qualcosa in cui si crede realmente. Un sacrificio comune premiato dalla reciproca gioia, dalla grande soddisfazione della buona riuscita e dalla felicità di concretizzare e vivere ciò che fino ad ora era solo immaginato.
Calarsi nella realtà dei fatti, e farlo con gioia, allegria e unione ci ha resi più forti e motivati per l’inaugurazione che, se tutto va bene, dovrebbe tenersi il mese prossimo!”.

La storia di Jonathan, giovane detenuto di San Pedro

Jonathan ha 25 anni. È entrato nel penitenziario di San Pedro a La Paz due anni fa e probabilmente, grazie al nuovo Centro Qalauma realizzato da ProgettoMondo Mlal per offrire un percorso alternativo di recupero ai giovani detenuti, potrà uscirne al più presto.
La sua storia assomiglia a quelle di molti altri ragazzi che, con lui, condividono gioie e dolori in questa cittadella rinchiusa in quattro mura. Jonathan si è trovato al momento sbagliato e nel luogo sbagliato. Per scherzo, e in una notte di festa, i suoi amici lo hanno portato a fare un giro fino a quando, improvvisamente e armati di coltelli, hanno deciso di assaltare un taxi. Il coraggio di Jonathan è riuscito a salvare la vita dell'autista, padre di famiglia, e a far arrestare tutti i giovani assalitori, compreso lui, reclusi ora nel penale di San Pedro. Da quel momento la vita di Jonathan ha preso una piega che mai avrebbe pensato. Se prima pensava che i detenuti fossero solo assassini, ladri, trafficanti di droga e in generale le peggiori persone del paese, in un solo attimo anche lui è diventato parte di quella schiera e, con loro, si è ritrovato a condividere tutto: costretto alla sopravvivenza e toccando con mano cosa significhino le parole cattiveria, droga, disperazione. Da quel momento tutto il mondo gli è crollato addosso.
I primi 8 mesi trascorsi in carcere non aveva un posto in cui dormire. Non aveva soldi per affittare una cella e per questo viveva nel corridoio della struttura, sotto una fredda tettoia utile almeno a ripararsi dalla pioggia. Il freddo gli mangiava le ossa. Con se aveva solo i vestiti che indossava e i primi giorni non riusciva a dire ai suoi genitori cosa realmente fosse successo.
Jonathan è l’ultimo di 8 figli, si è diplomato e, al momento dell'arresto, stava frequentando un master in gastronomia, per realizzare il sogno di diventare lo chef di un grande ristorante. Per potersi pagare gli studi faceva le pulizie in casa di una signora tedesca e questo ritardava i suoi compiti scolastici, ma era un modo per mangiare bene e per portare a casa due lire e pagarsi i libri. Da 4 anni era anche fidanzato con una ragazza che aveva conosciuto al liceo, e con lei ha trascorso i momenti più belli della sua vita. Era il suo primo amore, un amore ingenuo e puro, una relazione sana e giovane. Jonathan è un ragazzo molto dolce che porta avanti la convinzione, purtroppo non condivisa dai suoi amici, che il rispetto delle persone sia fondamentale e che il dialogo sia il modo migliore per superare le difficoltà e i conflitti. Fin da bambino si dava da fare in casa nelle faccende domestiche e aiutava il padre nella falegnameria. Proteggeva la sorella maggiore dalle cattive amicizie e degli incontri indesiderati ed era un alunno modello.
Purtroppo la vita non è stata gentile con lui. Umiliazione e frustrazione hanno caratterizzato i suoi primi mesi di permanenza in carcere. Non trovava via di uscita e intorno a lui vedeva solo violenza e abusi, soprusi da parte della polizia e degli altri detenuti. A volte faceva dei bei sogni, ma risvegliarsi a San Pedro era sempre un incubo. Non voleva aprire gli occhi e le giornate erano infinite.
La solitudine e lo sconforto erano i suoi tormenti, mescolati a malinconia, timore, angoscia e pentimento. Con le lacrime agli occhi racconta di quando il padre è andato a visitarlo per la prima volta a San Pedro: un uomo grande e d’onore costretto a piangere per la condizione del figlio.
Non riusciva a chiamare la sua ragazza e ha scelto di farlo solo dopo 8 mesi, quando un amico andato a trovarlo gli aveva fatto sapere che la ragazza non si dava pace per la sua scomparsa e camminava triste per la strada senza più sorriso sulle labbra.
Durante la telefonata la ragazza ha sentito delle voci di sottofondo: “centro penitenziario di San Pedro!”. Per un attimo Jonathan avrebbe voluto riattaccare il telefono dalla vergogna ma poi si è fatto coraggio e le ha detto che si trovava in carcere. L’umiliazione l’aveva trafitto per l’ennesima volta ma…non poteva farci nulla: era la verità. Il giorno dopo lei era andata a visitarlo. Non aveva ancora una cella per accoglierla e i suoi amici detenuti erano disposti a prestargli il loro posto per un briciolo di intimità. Ma Jonathan aveva preferito portarla sulla terrazza del penale: il sole splendeva nel cielo e l’aria era nitida. Calato il tramonto sulle baracche di San Pedro, Jonathan aveva preso il coraggio per invitarla a ricostruirsi un’altra vita. Da lì a un mese lei è partita per l’Argentina in cerca di un lavoro.
Poco a poco Jonathan si è fatto coraggio. Nel penale c’erano altri ragazzi che, condividevano la sua stessa sorte. Ha iniziato a lavorare: in lavanderia, in cucina e facendo le pulizie. Con costanza guadagnava un boliviano alla volta e trovava il modo di risparmiare qualcosa per poter prendere in affitto una cella. Si trovava impegni e si teneva le giornate occupate per non farsi divorare dai ricordi e per non rischiare di cadere nell’alcol e nella droga. Iniziò a scoprire la bellezza del pallone e del gioco del calcio: fin da bambino non aveva mai creduto nelle sue capacità fisiche, la competizione gli metteva paura e non amava il gioco di squadra.
La vita a San Pedro iniziava a prendere una piega diversa da quella iniziale. Era entrato a far parte della squadra della sua sezione (Alamos) ed era diventato il migliore giocatore. Per questo motivo il delegato di Alamos gli ha offerto una cella dove a tutt'oggi non paga affitto grazie alla sua bravura.
Iniziava a farsi coraggio e a maturare, ripensava alla sua vita e alla sua storia, si faceva nuovi amici e, finalmente, poteva personalizzare uno spazio tutto suo: la sua cella.
La sua stanza è piccola e scarna ma dentro c’è l’essenziale: un letto, la televisione, un armadio, un fornello elettrico, una pentola, un piatto e un cucchiaio. Sulle pareti ci sono 2 poster: un calendario e un poster de los Kjarkas. Un disegno sul muro, una frase scritta, numeri di telefono e una mensola dove custodisce, gelosamente, una cartellina con dentro lettere, messaggi, disegni, scritti e fotografie. Con orgoglio mostra la cartellina e racconta i suoi ricordi.
La prima cosa che farà quando uscirà dal carcere è chiedere perdono a suo padre, in ginocchio. Questo pensiero lo accompagna ogni giorno e il dolore della sua famiglia è una cosa che non riesce a dimenticare.
Adesso ha trovato il modo di vivere a San Perdo: lo cercano, ha amici, è stimato dalla squadra e aiuta i nuovi giovani che entrano nel penale. Spera di uscire presto ma questo gli fa tanta paura: cosa potrebbe pensare la gente di un ragazzo che è stato in carcere? Troverà lavoro? Si innamorerà di nuovo? Ma il suo pensiero maggiore va alla famiglia: come recuperare fiducia e rimediare alla vergogna? Di una sola cosa è certo: ha voglia di vivere e di costruirsi una nuova vita. Ha imparato ad affrontare le sue paure e l’amore dei suoi genitori continuerà a dargli forza anche nei momenti di futura solitudine.

Ester Bianchini, casco bianco ProgettoMondo Mlal in Bolivia

martedì 27 aprile 2010

Tempo di cerimonie... e di solidarietà!

Battesimi, comunioni, cresime e matrimoni. Tempo di cerimonie, di confetti e bomboniere e, anche quest'anno, ProgettoMondo Mlal ha ricevuto molte richieste di chi, per festeggiare una delle tappe delle sua vita, sceglie di farlo con un occhio di riguardo alla solidarietà.
Il primo di questa maratona solidale è stato il piccolo Francesco Castillo che, grazie anche alla generosità dei parenti che hanno accolto con entusiasmo l’appello di mamma e papà per una raccolta fondi in sostituzione del classico regalo, con il suo battesimo andrà a sostenere "Scuola e sviluppo", il progetto dedicato a più di 1.000 bambini dell’entroterra montano marocchino che ogni giorno superano freddo e distanza per andare a scuola.
Con maggio, poi, un nutrito gruppo di bambini festeggerà la Prima Comunione rivolgendo un pensiero ai coetanei del Sud del Mondo: ecco quindi Francesco Bortoluzzi, Federico Masi, Thomas Morosin, Vittoria Trespidi, e Giulia Maggi pronti a regalare ai propri invitati animaletti di ceramica peruviani e cofanetti in pelle del Burkina Faso, piccoli prodotti dell’artigianato locale, grandi segnali di condivisione.
A restituire un briciolo di quotidianità ai bambini haitiani, ci pensano invece Sofia Mengalli con la sua comunione e Beatrice Verzè nel giorno della Santa Cresima: entrambe, con le loro coloratissime bomboniere, hanno posto un primo mattone per la ricostruzione delle scuole nella comunità di Lèogane. Anche chi ha scelto di convolare a giuste nozze, ha rivolto un pensiero ai Paesi meno fortunati perché la nascita di un nuovo progetto di vita possa alimentare un rete solidale più forte anche nella nostra comunità. Così Marta e Dario hanno condiviso la loro gioia con i giovani detenuti in Mozambico, mentre tra poche settimane Chiara e Marco aiuteranno le mamme burkinabè nella cura alimentare dei propri piccoli. Infine, per Chiara e Julio e il loro Matteo sarà festa grande, nozze e battesimo per ricordare il Perù, terra natia del papà e del pargolo e paese d’adozione della mamma che lì ha vissuto per più di tre anni come cooperante di ProgettoMondo Mlal.
Chiude questa bella carrellata di generosità Silvia Mazzi che a fine maggio celebrerà la Santa Cresima abbracciando tutti i bambini del Sud del Mondo, per offrire loro un’infanzia più dignitosa e un futuro migliore.
A tutti loro va il nostro ringraziamento, per aver scelto un modo originale e significativo per far sì che la propria felicità diventi anche quella degli altri!

Per maggiori informazioni e una vetrina sulle nostre idee solidali: www.progettomondomlal.org/info/attivita/idee/it

Un Tribunale Climatico a livello mondiale

La “lotta al capitalismo” dell'asse socialista sudamericano, a cui fanno riferimento sia il presidente boliviano, Evo Morales, che il venezuelano Hugo Chavez, è scesa ufficialmente in campo anche sulla causa ambientale. Entrambi presenti alla prima “Conferencia mundial de los pueblos sobre el cambio climatico”, svoltasi dal 20 al 22 aprile a Tiquipaya, cittadina nei pressi di Cochabamba, sede del nostro progetto Vita Campesina, si ergono dunque paladini di una causa che, benché sacrosanta, non assolve comunque questi due Paesi da responsabilità, dal punto di vista del danno ambientale, simili a quelle riconosciute per Stati Uniti o altri Stati industrializzati.
Intento dichiarato della manifestazione era aprire un dibattito che vedesse protagonisti, diversamente da quanto accaduto per il “disastroso” summit di Copenaghen (così è stato definito da Morales e da altri relatori nel corso della tre giorni), i “popoli", ossia civili, attivisti, accademici e tutti coloro che hanno a cuore la tematica del cambiamento climatico e dell’ambiente in generale e che fossero disposti a dibattere su questi argomenti. Diciassette tavoli tematici di lavoro (diciotto considerando quello antagonista, ufficioso), relativi a debito climatico, protocollo di Kyoto, armonia con la natura, tribunale climatico ecc.., hanno avuto il compito di elaborare riflessioni e richieste che poi, nel corso dei giorni della conferenza, sono confluite nel “Acuerdo de los pueblos”, documento finale della conferenza da sottoporre all’attenzione dell’ONU e dei partecipanti del prossimo Forum governativo sul cambio climatico in programma a Cancùn, Messico, a fine anno.
Parallelamente erano state organizzate diverse conferenze ed eventi culturali che hanno visto la partecipazione di circa trentamila visitatori non ufficialmente coinvolti nell’elaborazione dei documenti finali. Tra questi partecipanti, attivisti di ogni sorta, “alternativi”, studenti, addetti ai lavori e moltissimi curiosi.
Se da un lato la Conferenza è stata indubbiamente un successo mediatico e di pubblico e, tutto sommato, anche organizzativo, giudizi più cauti sono stati espressi sulla sostanza del dibattito e sul concreto risultato dalla “cumbre”. L’impressione di molti è che l’intento fosse essenzialmente quello di promuovere Evo Morales quale difensore della causa climatica-ambientale, e in quanto testimonial naturale di quell’idea, tutta andina, che è la “pachamama”, il rapporto con la Madre terra.
Ciò nonostante la Bolivia stessa è un esempio di contraddizione tra quanto predicato (questo il termine suggerito dai toni della conferenza) e quanto accade effettivamente nel Paese. E alcuni dubbi sono stati avanzati anche sull’effettiva democraticità dei dibattiti tematici, visto che, a grandi linee, pare che le conclusioni fossero state già tratte, e promosse più dal governo locale che risultato emerso dal confronto tra i partecipanti alla Conferenza.
A ogni modo, costituisce un risultato senz'altro positivo la partecipazione “popolare” a quest'evento positiva ed entusiasta. Così com'è degna di nota l'attenzione che in questo modo viene nuovamente posta sul delicato e pressante tema dell’ambiente, dei cambiamenti climatici e degli altri effetti collaterali (i migranti climatici ad esempio).
A conclusione dell’evento sono state raccolte anche una serie di proposte, alcune delle quali interessanti, e più o meno concrete e concretizzabili, come quella dell’istituzione di un Tribunale climatico a livello mondiale o della riduzione delle immissioni di diossido di carbonio del 50% rispetto al 1990 (da parte dei Paesi “sviluppati”…).
Purtroppo il fatto che l'iniziativa abbia avuto uno smaccato “cappello bolivariano” ha finito con indebolire di fronte all'opinione pubblica internazionale la proposta popolare. Cattiva alleata, ancora una volta, una facile retorica sui diritti della madre terra, calpestata qui come altrove.

Leonardo Buffa, casco bianco ProgettoMondo Mlal Bolivia

Non dimentichiamo Haiti ... il 29 aprile a Brescia

Il 12 gennaio 2010 il terremoto distrugge Haiti ... e oggi?
Il nostro cooperante sull'isola, Nicolas Derenne, sarà in Italia nei prossimi giorni per incontrare sostenitori e finanziatori e raccontare le prime iniziative realizzate.
Giovedì 29 aprile appuntamento a Brescia alle 20.30 nel Centro parrocchiale di Santa Maria in Silva in via Sardegna, 24. All'incontro - promosso da ProgettoMondo MLAL e da una serie di realtà tra cui la Caritas e il Centro Missionario Diocesano - oltre a Nicolas parteciperà anche Beniamino Rossi, presidente dell'Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo. Introduce don Fabio Corazzina.

Altro incontro poi il 30 aprile a Verona, al caffè armosa di Porto San Pancrazio, dove Nicolas avrà modo di ringraziare la solidarietà - preziosissima - arrivata negli ultimi mesi. E lo farà prima di tutto con la sua testimonianza e il racconto vivo dei primi passi percorsi.

lunedì 26 aprile 2010

Lavoro minorile: a parlare devono essere loro, i piccoli lavoratori

Sono la povertà, i meccanismi dell'emarginazione e il conseguente degrado sociale, i fattori che determinano fenomeni di sfruttamento del lavoro minorile: se non si denunciano, se non si aggrediscono le cause profonde della povertà e se gli stessi bambini e adolescenti lavoratori non vengono riconosciuti come soggetti sociali in grado di contribuire alla propria emancipazione, si continuerà a cercare di sanare per via giuridica e con qualche azione compensatoria un problema sociale non risolto per precise responsabilità di modelli e gruppi dominanti.
Questa la posizione netta di Italianats (la rete di cui fa parte anche ProgettoMondo Mlal) che, in occasione della conferenza convocata all'Aia nei prossimi 10 e 11 maggio dall'organizzazione internazionale del lavoro, lamenta l'avvio di un processo da cui sono stati esclusi i diretti interessati.
La scelta dell'OIL, che secondo Italianats rappresenta anche una colpevole dimenticanza del preciso mandato partecipativo della “Convenzione sui Diritti del Bambino”, pecca infatti di non coinvolgere i bambini lavoratori nella conferenza che ha la pretesa di individuare le misure concrete per abolire le cosiddette “peggiori forme di lavoro infantile” entro il 2016.
Ancora una volta un annuncio ad effetto, sulla cui effettività pochi nutrono reali speranze”, scrive Italianats in un comunicato in cui fa sapere di aver sollecitato il bureau della Conferenza – insieme all'analoga rete Pronats presente in Germania - affinché invitasse i rappresentati del Movimento mondiale dei bambini e adolescenti lavoratori, ma senza esito.
Si ripropone così un vecchio errore e cioè quello di far credere che il lavoro minorile si possa eliminare dall’alto, con delle leggi forzatamente e coercitivamente abolizioniste, mentre la realtà dimostra che le campagne promosse dall’OIL non intaccano il fenomeno e che occorrono invece serie e radicali politiche di sostegno ai processi di inclusione socioeconomica”.
Esiste da vari decenni un vasto e forte movimento a livello mondiale, formato da bambini e adolescenti lavoratori, che rivendicano il diritto di essere coinvolti nelle decisioni che li riguardano e che propongono una linea alternativa che non punta all’abolizione del lavoro, perché quel lavoro non solo permette loro di aiutare le famiglie e pagarsi gli studi, ma spesso è l’unico strumento di inserzione sociale, di autostima, di identità. Certo, questo non significa assolutamente accettare le condizioni, spesse volte dure e violente, in cui i bambini sono costretti a lavorare. Contro tutto ciò la lotta dei bambini lavoratori è decisa e senza mediazioni. Ma l’obiettivo non è quello di una “erradicazione” forzata e poliziesca del lavoro infantile, ma piuttosto quello di un cambiamento delle condizioni di impiego dei bambini lavoratori, riducendo l’orario di lavoro, prevedendo scuole con orari adatti a utenti che debbono lavorare, in una parola rivendicando un lavoro degno e fonte di liberazione, di emancipazione.
Le sollecitazioni per la Conferenza all’OIL che nei mesi scorsi sono venute da diversi Movimenti di Bambini Lavoratori, non volevano essere in diretta contrapposizione, né una passiva accettazione delle loro tesi, ma il riconoscimento del diritto a essere ascoltati, della legittimità di porsi come interlocutori, anche solo in veste consultiva, in ogni occasione e di fronte a ogni istanza che pretende di prendere importanti decisioni sulla loro vita. Purtroppo secondo Italianats siamo di fronte ad un’altra occasione perduta, ancora una volta questa giusta richiesta è rimasta senza risposta e ciò mina la legittimità stessa delle decisioni che verranno prese all’Aia, in quanto non coerenti con lo spirito e i precisi dettami etici e giuridici della Convenzione sui Diritti del Bambino.

Per compensare, anche solo simbolicamente questa omissione del diritto partecipativo dell’infanzia, per far sentire la voce dei bambini e adolescenti lavoratori, Italianats ha deciso di organizzare un incontro alternativo all’Aia, negli stessi giorni in cui si svolgerà la Conferenza dell’OIL, con una rappresentanza dei bambini e adolescenti lavoratori delegati dei Movimenti di diversi continenti e delle altre organizzazioni che in Germania, Belgio, Francia e Spagna sostengono detti Movimenti. “Ci è sembrato il minimo che si dovesse fare – scrivono ancora - e lo abbiamo sentito come un imperativo etico e politico coerente con la nostra storia e il senso profondo della nostra identità. Sarà uno sforzo impegnativo, ma crediamo assolutamente necessario portare la voce dei protagonisti in quella sede dove tanti organismi internazionali sembrano non aver inteso che quello della partecipazione dell’infanzia non è un ornamento decorativo per qualche discorso di maniera, ma una obbligazione reale per tutti coloro che abbiano realmente a cuore “l’interesse superiore del bambino”.
Per milioni di bambini lavorare rappresenta non solo la possibilità di sopravvivere e di pagarsi gli studi, ma anche l’unico spiraglio di inclusione sociale, di ricostruzione dell’autostima, di organizzazione e di riconoscimento di un vero e proprio protagonismo sociale. Non ascoltarli, non riconoscerli come soggetti di promozione dei diritti dell’infanzia, significa tradire quei principi democratici ai quali tutti noi dichiariamo di riferirci.
Per sostenere l’attività delle associazioni che tutelano i diritti dei bambini nel mondo del lavoro ProgettoMondo Mlal è impeganta in Perù con il programma “Bambini Lavoratori”, basato unicamente su fondi di solidarietà.
L’obiettivo è sostenere l’attività del Manthoc, movimento nazionale di bambini e adolescenti lavoratori. È un’associazione che nasce con l’esigenza di coniugare l’occupazione lavorativa con la tutela dei diritti e l’educazione scolastica. I protagonisti sono bambini e giovani ancora adolescenti che hanno preso coscienza dei propri bisogni, obiettivi e chiedono d’essere tutelati davanti ai propri datori di lavoro e al resto della comunità adulta. L’obiettivo del progetto è garantire loro la continuità degli studi e la formazione professionale. La loro come quella di Morgan, protagonista del foto racconto “Un giorno con Morgan” ...

Brasile: dove il calcio ha la priorità su tutto

Era il 5 dicembre 2009 quando sono arrivata a Rio de Janeiro.
Sul taxi per arrivare in città mi ero messa a chiacchierare con l´autista e ricordo che la prima cosa che mi ha chiesto è stata per che squadra di calcio tifassi.
Sapevo bene che in Brasile il calcio è religione, ma quando te ne rendi conto di persona è un´altra cosa.
Con sua grande delusione gli ho dovuto dire che il calcio non mi piace molto e che non sono tifosa di nessuna squadra. Ma ho subito colto l´occasione per chiedergli se fosse contento del fatto che il Brasile avrebbe ospitato la coppa del 2014. Prevedibilmente mi ha risposto di sì, "contentissimo".
Ma come mai era così contento? Mi sono chiesta. Cosa significa per il Sig. João che il proprio paese ospiti un evento del genere?
Comincia a spiegarmi. Hanno fatto sapere al Sig. João che ospitare la coppa nel 2014 e le olimpiadi nel 2016 farà un gran bene all’economia del suo paese e che pioveranno una valanga di soldi. Inoltre è contento perché un evento calcistico mondiale in Brasile, è speciale!
In questi mesi ho parlato di calcio con molte persone.
Volevo capire cosa significasse questo sport qui, il modo di tifare per la propria squadra, a mio avviso ossessivo.
Quello che ho potuto capire è che è un amore che ha priorità quasi su tutto.
Che è una passione tramandata in famiglia. Che pur restando un monopolio del mondo degli uomini coinvolge le donne molto più che in Europa. Far parte di una tifoseria concede un senso di appartenenza, regala emozioni forti, dalla grande euforia per una partita vinta, alla settimana vissuta male se la domenica si è stati sconfitti.
Volevo venire a contatto con tutto questo e una domenica mi sono messa d’accordo con degli amici e mi sono recata al “tempio”: lo stadio Maracaná! A giocare erano il Flamengo contro il Botafogo e in ballo c’era la coppa dello Stato di Rio de Janeiro. Era il 19 aprile.
Devo dire che è stato fantastico. Già dalla mattina i veri tifosi non si tenevano... fremevano per fare tutto con una fretta che in Brasile non si vede mai, elettrizzati e determinati ad arrivare allo stadio il prima possibile per sistemarsi, prepararsi spiritualmente, scaldare le corde vocali e i muscoli pronti per il fischio d´inizio.
Tutti in piedi... guai a chi si siede se no ti senti dire: “cosa sei venuta a fare...?!”.
Ho ascoltato affascinata le variopinte rime indirizzate all’arbitro e alcuni insulti dedicati alla squadra avversaria. Ma più che altro risuonavano in curva canzoni per esaltare la torcida, la tifoseria, l’amore incondizionato per la squadra, e l’invincibilità di questa.
Le gambe hanno trovato un momento di riposo solo nell'intervallo tra il primo e il secondo tempo... Pochi minuti ed è gooooooooooooool.
Metà del Maracaná si è levato in un unico grido di festa. E poi abbracci, salti.... favoloso.
Il Botafogo ne è uscito vincitore e per un anno sarà detentore dello scudetto.
I tifosi flamenghisti si sono trascinati verso l’uscita con musi lunghi, spalle inarcate e il pensiero della grande festa mancata.
All’uscita del Maracanà si sono fatti sparire tutti i segnali di passione rosso nera e ci siamo trovati davanti decine di poliziotti in tenuta anti-sommossa con dei manganelli che così lunghi non li avevo mai visti. Qualche attimo di tensione, ma tutto è scemato e si è rientrati quasi in silenzio. In metropolitana si è tentato di non incrociarsi con la tifoseria avversaria. Tutto è filato liscio.
Verso casa, a malapena un saluto. Le facce imbronciate a preannunciare l’inizio di una lunga e dolorosa settimana.

Sarah Reggianini
casco bianco ProgettoMondo Mlal in Brasile

venerdì 23 aprile 2010

INSIEME PER HAITI, appuntamento il 30 aprile a Verona

Un aperitivo di Solidarietà per Haiti. Il Caffè bar armosa con ProgettoMondo Mlal e Fix Design invitano tutti a partecipare all'incontro con Nicolas Derenne, cooperante ad Haiti per ProgettoMondo, che il 30 aprile alle 19 al caffè armosa racconterà con quanta determinazione la popolazione ha ricominciato a credere nel proprio paese e nella magia della sua cultura.

Sarà presente anche una varietà di abbigliamento offerto da Fix Design che, con un’offerta simbolica aiuterà a sostenere la ricostruzione di 4 scuole ad Haiti.

Caffè bar armosa - via Mainardi 10 - 37133 Porto San Pancrazio - Verona
tel. 045.840 2000 - info@armosa-verona.it - www.armosa-verona.it

Per maggiori informazioni: www.progettomondomlal.org

giovedì 22 aprile 2010

Una promessa dal Marocco: le bambine torneranno in classe!

Due bambine si ritirano dalla scuola, e la nostra equipe vuole vederci chiaro. Siamo in Marocco, a Tourtite, un villaggio berbero nella provincia di Azilal, dove si trova una delle scuole di Educazione Non Formale del nostro progetto “Scuola e Sviluppo”.
La nostra equipe, in visita negli scorsi giorni, accolta dall'insegnante, raggiunge poi alcuni membri del comitato dei genitori. È qui, parlando in tamazight con chi dell'equipe conosce il dialetto, che si sviluppa una piccola discussione con il genitore di due bambine che frequentavano la scuola e che, pare, abbiano deciso di non seguire più le lezioni. Ma grazie alla caparbia insistenza di Smail e Badaouy, salta fuori una storia un po’ diversa.
Dopo aver visto i quaderni delle bambine in perfetto ordine, ci si rende conto che due scolare così tanto dedite allo studio, nonostante le mille difficoltà dettate dall'ambiente, non potevano essersi semplicemente stancate di andare a scuola ed era assai improbabile che preferissero passare tutto il loro tempo tra i lavori domestici. Alla fine l’uomo conferma la versione: le bambine sono state ritirate dalla scuola dalla moglie, che non è la madre delle bambine, per un motivo imprecisato: forse le serviva aiuto per i lavori domestici.
A questo punto iniziano le lunghe trattative per convincere il padre a iscrivere nuovamente le bambine a scuola. Gli viene spiegata l’importanza che l’istruzione avrà per il loro futuro e quanto sia stato duro portare una scuola fino a lì: un'occasione di cui sarebbe proprio un peccato non approfittare, limitando il futuro delle proprie figlie e anche il proprio. “Questi signori sono venuti fin dall’Italia per portare una scuola qui, e tu non ci mandi tua figlia?!”.
Argomentazioni che convincono il padre delle bambine, che alla fine cede e promette che alla nostra visita successiva troveremo senz'altro le bambine in classe!
Questo è solo un esempio dei molti casi di contrattazione marocchina. Non deve però sorprendere che spesso l’importanza dell’istruzione non sia percepita e interiorizzata come si converrebbe: nel caso specifico di Tourtite i bambini della scuoletta ENF sono la prima generazione del villaggio a imparare a leggere e a scrivere. Nel villaggio non c’è elettricità né acqua corrente e, anche se non è molto lontano dalla strada principale, ne è separato da un fiume. Motivo per cui manca un ponte stabile che spesso, con i suoi cambi di corso e straripamenti (soprattutto durante la scorsa stagione che è stata molto piovosa), lascia gli abitanti del douar isolati per giorni. Per acquistare qualsiasi cosa devono recarsi al paese più vicino, che non è poi così vicino, perché al villaggio manca anche il classico ‘epissier’, il tipico negozietto marocchino, minuscolo e fornito di qualsiasi genere di prima necessità e non.
Insomma, un po’ un altro mondo.
La scuola qui costituisce un ponte con la società marocchina di cui fanno parte queste persone, ma nella quale non sono immerse. Vivono in un altro modo, parlano un’altra lingua, seguono altri cicli e ritmi... Perché dovrebbero volere una scuola? Che importanza possono dare all’istruzione là dove questa non ha nessun fine immediato di utilizzo?
Eppure sorprenderà sapere quanto in tanti di questi douars la gente si sia fortemente battuta per offire una scuola per i propri bambini, costruendola con le proprie mani e accogliendo calorosamente il “loro” animatore: l’insegnante che, come previsto dal Programma di Educazione Non Formale del progetto, si stabilisce nel villaggio. Ma è soprattutto l’entusiasmo dei bambini, la dedizione che mettono nell’apprendere l’arabo, il francese, l’algebra e tutte le varie materie previste, che fa capire quanto sia veramente importante la presenza di una scuola persino in luoghi come Tourtite.

Maria Grazia Depalams, casco bianco ProgettoMondo Mlal in Marocco

mercoledì 21 aprile 2010

A Roma appuntamenti con la solidarietà per la rinascita di Haiti

Sabato 8 e domenica 9 maggio solidarietà a Roma per la rinascita di Haiti!
Si parte l'8 maggio con una vendita di solidarietà a Emmaus Italia in via del Casale de Merode, 8. Dalle 9 alle 19, oggetti da collezione, utili e particolari, soprammobili, modernariato, vintage, libri, abbigliamento e mobili. E il ricavato sarà interamente devoluto all'iniziativa del ProgettoMondo Mlal "SCUOLE per la rinascita di Haiti".

Il 9 maggio invece, dalle 17 alle 19, al Teatro dell'Istituto Sant'Anna di Viale G. Marconi, 700 la solidarietà va in scena con "Serata Amici di Emmaus per Haiti"
Sul palco gli amici di Emmaus Roma: Lorenzo e Francois, due pratesi in giro per il mondo con le immagini del loro viaggio "pedalando il mondo", il Gruppo musicale Jazzenco, diretto dal M* Donato Dodaro, la Compagnia della Satira con uno scketch teatrale esilarante, Cristiana Irali, attrice-cantante che ha partecipato a varie trasmissioni televisive e ancora musica con le sonorità particolari del gruppo jazz Monkey Jungle.
La manifestazione ha il patrocinio dell'XI Municipio - Assessorato alle Politiche Sociali.
Il Teatro dell'Istituto Sant'Anna di Roma diventa quindi teatro di solidarietà con una serata speciale dedicata all'iniziativa del ProgettoMondo Mlal SCUOLE per la rinascita di Haiti

Ingresso libero. E' consigliabile prenotare al numero 06 97840086 - info@emmaus.it - www.emmausroma.it per info: Isabella Massafra 349 6454546

SCUOLE PER LA RINASCITA DI HAITI
Su 61 scuole, solo una è rimasta in piedi, e lo stesso è accaduto per le 30 chiese. Gli ambulatori medici prima del terremoto erano 30, ora solo 2 sono accessibili e in grado di offrire servizi di assistenza. Scenario ancora più drammatico per le abitazioni: 320 unità sulle 6400 del territorio sono in piedi. Questo il drammatico scenario che proviene dai racconti dei coordinatori di progetto di ProgettoMondo Mlal, presente ad Haiti dal 1993 e da 43 anni attiva nel sostenere l'impegno dei suoi volontari in America latina e Africa. ProgettoMondo Mlal copromuove questo intervento di ricostruzione e si occuperà della sua realizzazione attraverso la propria equipe sul campo.

Tutti i luoghi che hanno da sempre caratterizzato l'animatissima vita sociale e culturale di Port-au-Prince sono stati spazzati via il 12 gennaio 2010. Le librerie, i locali, i piccoli chioschi dei commercianti e le venditrici di strada hanno lasciato il posto agli accampamenti di prima assistenza per i senzatetto.

Beneficiari del progetto saranno complessivamente circa 1000 persone, tra cui oltre 200 bambini delle scuole distrutte.

DONAZIONI a Banca Popolare Etica IBAN IT 07 J 05018 12101 000000511320 - Bollettino postale n. 12808374

martedì 20 aprile 2010

ProgettoMondo aderisce alla Convenzione sui beni comuni europei

Una Convenzione dei cittadini europei del Veneto sui beni comuni europei. E ad aderirvi è anche Progetto Mondo Mlal.
Con l’ultima firma apposta dal Presidente della Repubblica Ceca si è concluso il processo di ratifica del Trattato di Lisbona, che è entrato in vigore il 1° dicembre 2009.
Il Trattato di Lisbona, sebbene mantenga ancora il diritto di veto e non abbia esteso la codecisione del Parlamento Europeo a numerose materie fondamentali per il rafforzamento dell’Unione Europea, presenta notevoli innovazioni del quadro politico e normativo europeo. Il nuovo trattato non solo introduce la Carta dei Diritti fondamentali all’interno della normativa dell’Unione, ma attribuisce anche un ruolo di iniziativa, prima assente, alle organizzazioni della società civile europea.
Per sviluppare un confronto su questi temi il Movimento Federalista Europeo, il Centro interdipartimentale di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei popoli dell’Università di Padova e il Centro Europeo di Eccellenza “Jean Monnet” dell’Università di Padova hanno deciso di organizzare una Convenzione dei cittadini europei del Veneto sui beni comuni europei, che verrà posta in discussione sabato 24 aprile nella Facoltà di Scienze politiche dell'Università degli Studi di Padova.
ProgettoMondo Mlal, già abituata al lavoro in rete con organizzazioni ed enti locali nazionali ed europei, sarà presente all'incontro proprio perché convinta dell'importanza di scambiare opinioni, riflessioni e metodologie per accrescere la cultura della solidarietà internazionale.
Con i progetti di educazione allo sviluppo che porta avanti in alcuni paesi europei, ProgettoMondo è si confronta su tematiche come l'ambiente, la migrazione, l'intercultura, l'educazione alla cittadinanza... Lavorando per la sensibilizzazione e l'individuazione di nuove possibili soluzioni.
Il Trattato di Lisbona è entrato in vigore ma il futuro dell’Europa è ancora da costruire: pace, democrazia, sviluppo sostenibile sono beni da tutelare e perseguire, per i quali la società civile può e deve rilanciare l’azione a livello europeo.

Scarica il programma della giornata

venerdì 16 aprile 2010

"Noi e il nostro ProgettoMondo", Assemblea soci 2010

Tempo di assemblea per ProgettoMondo Mlal. Sabato 1 e domenica 2 maggio i soci dell'associazione si incontreranno a Valeggio sul Mincio per confrontarsi e condividere le novità e il lavoro fatto in questo ultimo periodo. E verificare insieme la strategia di lavoro e di riposizionamento nei diversi Paesi.
Prezioso il “Primo Piano” di domenica mattina che porterà all’attenzione il tema della “dimensione associativa” dell'organizzazione. Un appuntamento che costituirà l’avvio di una fase di ripensamento e rilancio del ruolo dell'associazione, in un periodo di cambiamento dei processi sociali e di assopimento del senso di cittadinanza, rispetto al quale è davvero necessario porsi nuove domande sulle proprie motivazioni, il proprio stile e la propria dimensione politica.
Ad accompagnare i soci in questo approfondimento sarà Ennio Ripamonti, esperto rete metodi srl, che aiuterà a leggere i nuovi bisogni associativi, i fenomeni aggregativi di più recente affermazione e i nuovi approcci che, specialmente i giovani ma non solo loro, riservano al “volontariato”. .
Ma uno degli aspetti veramente speciali di questo appuntamento è costituito dalla presenza dei collaboratori di ProgettoMondo Mlal all’estero. Ciò offrirà una reale opportunità di condivisione e di confronto che assicurerà, nell’approfondimento di questi temi, testimonianze ed esperienze preziose che orienteranno poi il futuro investimento associativo.
Un’occasione speciale per molti soci, simpatizzanti e collaboratori!

Scarica il programma dell'Assemblea

Cordoba ricorda i suoi desaparecidos

In Argentina, il 24 marzo 1976, un golpe militare destituì l’allora presidente Isabelle Martinez de Perón per lasciare spazio al comando del generale Videla. Ebbe così inizio una delle dittature più feroci della storia dell’America Latina, contemporanea a molte altre in quegli anni, e che si è macchiata di uno dei maggiori genocidi conosciuti. I desaparecidos (gli scomparsi) si contano oggi in 30.000 persone.
Un numero tragicamente alto, composto da oppositori politici, sindacalisti, artisti, giornalisti, e semplicemente persone comuni, che venivano trovate in possesso di una rivista o di un pezzo di giornale che testimoniasse un’idea diversa dalla dittatura.
Venivano tutti prelevati, nella maggior parte dei casi di notte, nelle loro case, sequestrati, trasportati in campi di prigionia dove venivano poi interrogati, torturati brutalmente e, infine, probabilmente, uccisi.
Dico probabilmente perché di loro non si è saputo più nulla: per i famigliari non vi è mai stata nemmeno la certezza che siano morti. La dittatura ha cercato di eliminare il futuro di un popolo, eliminare la parola come oggetto di scambio, sopprimere un’idea perché non potesse rinascere mai più.
Fu così che i bambini di molte donne incinte, partoriti nelle lugubri prigioni dei servizi segreti, vennero affidati a famiglie di militari. Ancora oggi, poco a poco, grazie all’esame del Dna, continuano a riaffiorare, ormai trentaquattrenni, questi figli dei desaparecidos, e ogni volta che se ne trova uno, come ha detto nella giornata di rievocazione lo scorso 24 marzo la presidente in carica dell’Argentina Cristina Fernandez, “è la vittoria della memoria sulla morte e sulla violenza”.
Da tre anni a questa parte il 24 Marzo è il “Giorno Nazionale della Memoria, per la Verità e la Giustizia”.
Così anche lo scorso 24 marzo, l’Argentina si è fermata. La presidente, riunitasi a Buenos Aires al cospetto dell’organizzazione delle Madri e delle Nonne di Plaza de Mayo, che da 34 anni lottano per ottenere giustizia per i propri figli e nipoti desaparecidos, ha promesso in un discorso commovente che la parola d’ordine del futuro sarà “Giustizia per giudicare e condannare fino all’ultimo coloro che si sono macchiati di questi crimini atroci, che hanno caratterizzato il periodo di dittatura dal 1976 fino al 1983, anno in cui tornò la democrazia”.
Anche Cordoba si è fermata, e per le strade, fin dalla prima mattinata, regnava un assoluto silenzio.
Anch'io, camminando in queste strade, dense di energia nuova, sono arrivato al “Museo della Memoria”, nella piazza centrale della città, raggelante documento degli eccessi della dittatura militare.
Percorrendo i corridoi di questa ex-centrale della polizia segreta, la D-2, trasformata ora in un museo per non dimenticare, mi sono scoperto commosso, assalito dai brividi davanti a ogni foto di un volto scomparso, nel leggere le scritte lasciate dai detenuti sui muri delle celle, calpestando il pavimento di queste stanze, ora silenziose ma un tempo piene delle grida dei torturati, nel guardare un oggetto appartenuto a qualcuno poi scomparso in un giorno qualsiasi… senza che nessuno abbia più saputo nulla di lui.
Una sensazione fortissima che mi ha accompagnato fino al tardo pomeriggio quando il centro è stato attraversato da oltre 20.000 persone, con passione e anche con gioia, per ricordare al mondo i propri desaparecidos, mostrando le loro foto, cantando per un futuro di democrazia, partecipazione e sopratutto di giustizia! Quella Giustizia che oggi, poco per volta, sta finalmente punendo i colpevoli di questi misfatti.
Questa è la Cordoba, questa l’Argentina, del 24 Marzo 2010.
Naturalmente non mancano i punti di vista diversi, di chi dice che “semplicemente c’è stata una guerra, e che ci furono morti da una parte e dall’altra”, dimostrando con questo la propria contrarietà a ricordare i desaparecidos, senza ricordare anche i militari che morirono, vittime allo stesso tempo della dittatura.
Difficile commentare quello che è stato e cosa ha lasciato. Ciò di cui posso parlare è l’Argentina che ho incontrato per le strade, impregnata del silenzio di chi è stato massacrato perché la pensava diversamente da chi governava, e dall’orgoglio di un popolo pronto a rompere ancora una volta questo silenzio per gridare “Mai Più”.

Nicola Bellin, cooperante ProgettoMondo Mlal in Argentina

giovedì 15 aprile 2010

In memoria di Margareth, inaugurata una nuova scuola in Bolivia

Il 2 aprile 1825, lungo il fiume che scorre vicino all’abitato di Tumusla, nel sud di Potosì, è stata combattuta l’ultima battaglia tra le truppe spagnole e quelle degli indipendentisti sud americani. Lo scontro ha sancito definitivamente la vittoria delle truppe patriote e decretato l’indipendenza della Spagna della colonia dell’Alto Perù, attuale Bolivia.
Il 2 aprile 2010, centoottantacinque anni dopo la battaglia, nel paesello di Tumusla è stata quindi celebrata una doppia festa: la prima per commemorare uno degli eventi chiave dell'indipendenza boliviana, la seconda per inaugurare la scuola che ProgettoMondo Mlal, in collaborazione con la comunità locale e con il Comune di Cotagaita, ha da poco realizzato. I fondi per la costruzione sono stati donati dalla famiglia Ceolan in memoria della scomparsa Margareth Zelger Ceolan.

La nuova struttura farà parte di un complesso scolastico esistente, e diretto dal professor Vicente Condori. La costruzione è su due piani: a piano terra è stata realizzato una sala mensa con relativa cucina che darà da mangiare all'intera comunità scolastica, circa 120 persone. Nella realizzazione di questo ampio salone si è anche tenuto conto di una seconda importante esigenza della comunità di Tumusla: l'idea che possa servire come centro di aggregazione per la popolazione. Fino ad ora infatti le riunioni civiche venivano tenute all’aperto, in un campetto da basket a lato della strada principale.
Il primo piano dell'edificio ospita invece 2 nuove aule che serviranno agli alunni della prima e seconda classe. Si calcola che ci studieranno almeno 40 alunni.

Il doppio festeggiamento è venuto spontaneo, tanto naturale è apparsa a tutti la continuità tra i due eventi. In entrambi i casi si festeggiava la conquista di un diritto fondamentale: quello all’indipendenza nel 1825 e all’istruzione Primaria nel 2010… E infatti le autorità regionali, locali, e la popolazione hanno partecipato spontaneamente ad entrambi gli eventi. Più inaspettata, ma non per questo meno gradita, è stata piuttosto la presenza alla cerimonia di inaugurazione della Scuola dei due deputati nazionali e della console argentina, arrivati dalle rispettive sedi per il festeggiamenti del mattino.
L’elemento che più di ogni altro ha sancito l’unità della celebrazione è stato la numerosa, gioiosa e costante presenza dei bambini del posto. Se al mattino tutte le classi della scuola avevano sfilato cantando l’inno nazionale, per poi concludere la prima cerimonia con uno spettacolo di rievocazione della battaglia, nel pomeriggio hanno partecipato all’inaugurazione della nuova Scuola “In memoria di Margareth” con canti, danze e poesie.
Il filo conduttore della giornata è stato la loro inesauribile energia.

Martino Bonato, Casco Bianco ProgettoMondo Mlal

martedì 13 aprile 2010

12 gennaio – 12 aprile 2010 Ad Haiti il tempo si è fermato

Le lezioni scolastiche avrebbero dovuto riprendere sull’intero territorio nazionale il 6 aprile. Ma Léogane, proprio nell’epicentro del terremoto del 12 gennaio scorso, è un caso a sé. A ieri, nel terzo mesiversario dal terremoto, le lezioni non erano infatti riprese e non riprenderanno nemmeno nei prossimi giorni.
In questi mesi la situazione, rispetto al giorno del sisma, è infatti cambiata poco o nulla.
Delle 60 scuole in cui si svolgevano le lezioni prima del terremoto ne era rimasta in piedi 1 sola. E così è ancora oggi.
Ciò che non smette mai di stupire, in questo Paese così sfortunato, è come quest’ennesima sciagura abbia colpito tutto e tutti. E come sia ormai indistinguibile il confine tra aiutanti e aiutati. Perché insegnanti e alunni vivono la stessa situazione di miseria: hanno tutti perso casa, amici e parenti. E oggi gli uni non possono lavorare, né mangiare, e gli altri non possono pagare né andare a scuola. Senza contare che il sistema scolastico haitiano è da sempre essenzialmente privato e a pagamento. La maggioranza delle famiglie, anche se estremamente povere, difficilmente potevano, già prima del terremoto, accedere alle scuole pubbliche che sono pochissime e sovraffollate.
Ma anche ricostruire delle nuove scuole, possibilmente pubbliche e gratuite, così come prevede il Progetto Scuole per la Rinascita di ProgettoMondo Mlal, non è impresa semplice. In via cautelativa, le autorità locali hanno infatti posto il divieto a edificare alcunché prima che siano elaborati degli specifici Piani comunali.
Dunque, per rispettare i divieti, ProgettoMondo Mlal, sta cercando di organizzare, direttamente sull’area di altrettante scuole crollate (la Betsaleel di Mathieu, la Comunitaria di Deslandes, la Metodista de Mellier, e le miste Agneau de Dieu e Bon Berger Colline des Landes), almeno 5 ambienti educativi provvisori. Cinque spazi che fungano intanto da luogo di ritrovo, educazione e crescita per 1.000 bambini e adolescenti. Parallelamente si lavora a coinvolgere, per farsene carico, 20 o 25 insegnanti che possano riprendere a insegnare, a ricevere uno stipendio che dia da mangiare alle proprie famiglie.

Per supplire alle future strutture è comunque indispensabile una copertura perché, da settimane, su Haiti sono cominciate le piogge, e a Lèogane stentano ancora ad arrivare le migliaia di tende promesse dagli Aiuti internazionali. Tanto che gli accampamenti spontanei, fatti di lenzuola di cotone stese al vento, sono ormai il triste ma dignitoso emblema di questa zona, poverissima già prima del terremoto e adesso in ginocchio.
Per questo motivo si sta cercando di acquistare 15 tende grandi per 1.000 alunni.
Ma non è per niente facile! In questi tre mesi, i prezzi di ogni cosa, siano materiale da costruzione, alimenti e/o effetti personali, sono aumentati a dismisura. Ciò che già prima si acquistava con enorme sacrificio, ora non si compra più. Si fatica persino a trovare ancora qualcosa di utile sul mercato. Come nel caso delle sementi, assolutamente necessarie per la nuova semina prevista per metà marzo, indispensabili per tornare a lavorare la terra e raccoglierne un giorno i frutti.

I nostri cooperanti ProgettoMondo Mlal nel Paese, il belga Nicolas Derenne a cui si è aggiunto nelle ultime settimane il giovane collega di origini francesi, Julien Blachier, fanno perciò la spola da un municipio a un ministero, dalla delegazione europea alla sede dell’Unicef, da un coordinamento a un’associazione.
Tutto è in movimento ma gli haitiani ugualmente non hanno pace.
Ad Haiti è ancora piena emergenza e non si intravede neppure quale potrà essere il giorno della ripresa.

A fine mese Nicolas sarà a Verona per fare il punto – anche con i sostenitori che in questi mesi ci stanno dando il loro contributo - sull'avanzamento del Progetto di emergenza “Scuole per la rinascita”, avviato immediatamente dopo il terribile terremoto del 12 gennaio scorso.
Nicolas, quel giorno, era a Port-au-Prince, la capitale dell'isola e, dopo un paio di settimane trascorse in Italia per coordinare un Piano per il nuovo intervento, è subito tornato a Léogane per valutare le necessità più urgenti degli abitanti di quest’area, epicentro del terremoto e in cui ProgettoMondo Mlal era già presente con due progetti. Uno in chiusura sulla sicurezza alimentare (“Piatto di Sicurezza”), l'altro in partenza per lo sviluppo locale del paese e la formazione degli abitanti nell'affrontare la ristrutturazione di edifici distrutti dagli ultimi uragani (“Viva Haiti!”).

La solidarietà arrivata in questi mesi e settimane è molta, e già una prima importante tranche dei finanziamenti necessari a ricostruire le 4 scuole, è stata raccolta, anche grazie alla campagna “Una maglietta per Haiti”.
Nicolas sarà a Verona anche per incontrare e ringraziare personalmente chi sta sostenendo il lavoro dell'Organizzazione con una straordinaria partecipazione.
Un incontro pubblico è già fissato per venerdì 30 aprile sera, a partire dalle 19, ospite del caffé armosa di Porto San Pancrazio in via mainardi, 10.

lunedì 12 aprile 2010

Dal Sud del Mondo alla marcia della pace Perugia-Assisi

Forum per la pace e marcia Perugia-Assisi. E una serie di incontri per studenti delle superiori e universitari. A organizzarli potrebbero contribuire anche i giovani volontari rientrati da uno dei tanti programmi di ProgettoMondo Mlal nel mondo.
L'invito arriva dalla Focsiv, la federazione di cui ProgettoMondo Mlal fa ormai storicamente parte e che, in occasione dei seminari "facciamo pace con i poveri" che si svolgeranno venerdì 14 e sabato 15 maggio a Perugia, per terminare con la Marcia Perugia-Assisi di domenica 16, è alla ricerca di giovani volontari rientrati dal sud del mondo che possano portare la loro testimonianza diretta. Testimonianze che possano rendere rilevanti le problematiche di povertà e ingiustizia vissute nei Sud del mondo mettendole in relazione con quelle al Nord per un approccio critico al modello di sviluppo.
Già in altre occasioni la Focsiv ha coinvolto come formatori alcuni giovani volontari rientrati. Ora vuole "capitalizzare" ancora una volta quelle energie, quel desiderio di trasmettere ai giovani e volontari di oggi il messaggio che non sono soli, ma che possono contare su altri volontari poco più grandi di loro che conoscono meglio le sfide di esserlo, le difficoltà e le opportunità di impegnarsi per la giustizia e che possono essere una testimonianza di coraggio e perseveranza.
Per poter pensare insieme a come gestire gli incontri, i volontari interessati sono invitati a un incontro a Roma nella sede della FOCSIV giovedì 15 sera e venerdì 16 aprile prossimo. Un fine settimana in cui la federazione potrà infatti offrire anche alcuni momenti formativi in occasione del seminario di studio “Per un'agenda di speranza: agricoltura, clima e nuove povertà”. Oltre che una visita alla FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura) e un incontro con Marta Guglielmetti, Coordinatrice della Campagna del Millennio dell'Onu per l'Italia
Grazie al contributo della Millennium campaign, il viaggio, vitto e alloggio per questa riunione organizzativa e per la partecipazione al Forum saranno rimborsati nella via più economica.

sabato 10 aprile 2010

Cooperazione nella globalizzazione: un'esperienza in Nicaragua

La globalizzazione amplifica gli effetti di ciò che avviene in una parte del mondo sulle altre aree, rendendoci tutti sempre più consapevoli di essere “sulla stessa barca”. La cooperazione diviene quindi non solo una complessa attività di giustizia sociale, economica e culturale, ma una necessità per tutti i Paesi. Che siano “ricchi” o “poveri”.
Ma quale tipo di cooperazione può accordarsi meglio con questi nuovi tempi e con le stesse vecchie problematiche di sempre?
ProgettoMondo Mlal, da 44 anni impegnata in 21 Paesi di America Latina e Africa, propone un proprio modello che l’esperienza sul campo sta sviluppando.
Su questo tema, martedì 13 aprile alle 17, allo Spazio QCR in Via degli Alfani 101/R a Firenze, si svolgerà un incontro dal titolo “Cooperazione nella globalizzazione: un’esperienza in Nicaragua”.
Parteciperanno il docente Antonio Annino dell’Università di Firenze, Melania Ceccarelli del Comitato di Gestione dell’Ong ProgettoMondo Mlal e Federico Lagi, coordinatore del progetto “Futuro Giovane” in Nicaragua.

venerdì 9 aprile 2010

“Abbiamo RISO per una cosa seria”

Oltre 1 miliardo di persone, oggi, soffrono la fame. E La Focsiv, la federazione di cui storicamente ProgettoMondo Mlal fa parte, crede che si tratti di un’emergenza.
Per questo sabato 15 e domenica 16 maggio torna la campagna “Abbiamo RISO per una cosa seria”. FOCSIV, la più grande Federazione italiana di Organismi di volontariato internazionale, insieme a 22 dei suoi soci, sarà presente in oltre 700 piazze italiane, per raccogliere fondi a sostegno di progetti di diritto al cibo nel Sud del mondo. Saranno coinvolti oltre 2000 volontari, appartenenti agli Organismi associati aderenti all’iniziativa, ma anche studenti, scout, gruppi parrocchiali e missionari.
Presso gli stand allestiti nelle piazze saranno distribuiti oltre 100.000 chili di riso: in cambio di una donazione di 5 euro, si potrà ricevere un pacco da 1 chilo di riso pregiato della qualità Thai del commercio equo e solidale certificato Fairtrade.
Secondo i dati Fao (dicembre 2009), per la prima volta nella storia, il numero delle persone che soffre la fame ha superato il MILIARDO – ricorda Sergio Marelli, Segretario Generale della FOCSIV - si stima, inoltre, che siano 100 milioni quelle che rischiano di ricadere in una condizione di povertà estrema, vanificando, così, i passi avanti fatti verso il raggiungimento del primo obiettivo di sviluppo della Dichiarazione del Millennio, che intendeva dimezzare, entro il 2015, la percentuale della popolazione mondiale che soffre la fame. A fronte di un’emergenza cibo che miete ogni giorno migliaia di vittime – ribadisce Marelli – abbiamo una risposta sempre meno adeguata da parte dei governi.”
Sono oltre 300, infatti, i miliardi di dollari che mancano agli aiuti pubblici affinché nel 2015 possano essere raggiunti gli obiettivi di sviluppo del Millennio, dei quali più di 20 solo in Europa.
Mai come in questo momento la solidarietà di tutti è importante - conclude Marelli – non soltanto per permettere ai progetti intrapresi di crescere e garantire alle persone destinatarie dei nostri interventi un concreto processo di sviluppo, ma anche per richiamare governi e istituzioni ad assumersi le loro responsabilità.

I progetti finanziati dalla raccolta fondi sono 23, parlano di educazione e sicurezza
alimentare, agricoltura sostenibile, recupero delle tradizioni e affermazione della sovranità alimentare delle popolazioni locali, intesa quale diritto di tutti di scegliere come e cosa produrre nel rispetto della terra, dell’acqua, di tutte le risorse naturali e dei modelli produttivi tradizionali.

La campagna e il testimonial. La campagna prevede uno spot TV di 20 e 40 secondi e uno spot radio di 30 secondi, il cui regista, nonché protagonista è Antonello Fassari, celebre attore e regista di teatro e cinema e volto noto del piccolo schermo, Testimonial dell’iniziativa dal 2007. Il fortunatissimo interprete de “I Cesaroni” sostiene l’iniziativa “… perché” dice, “ho visto quanta passione ed entusiasmo ci mettono i volontari della FOCSIV e poi – aggiunge Fassari – l’iniziativa ha a che fare con due cose che mi riguardano da vicino , il
cibo e il sorriso e di certo il riso è migliore quando è sulla bocca di tutti!”
Per conoscere tutte le piazze e gli indirizzi degli stand dell’iniziativa Abbiamo RISO per una cosa seria visita il sito www.focsiv.it oppure chiama il numero verde 800913456 (attivo dalle 8,30 alle 17,30).

mercoledì 7 aprile 2010

La pioggia paralizza Rio: è emergenza

Ieri ha piovuto tutto il giorno a Rio do Janeiro.
Sono tornata a casa la sera e sembrava fossi entrata, vestita, in una vasca da bagno piena d’acqua.
Ho guardato il telegiornale delle 20 e, tra una notizia di cronaca e l’altra, ne è stata data una che mi ha lasciata un po’ perplessa: “a Rio de Janeiro ha cominciato a piovere”.
Dentro di me ho pensato, “che strano, ha piovuto solo oggi e già danno la notizia al telegiornale. Mah!”.
La pioggia, però, non ha smesso di cadere, ha continuato tutta la notte facendo precipitare la temperatura dai 30°C di ieri, ai 18°C di questa mattina.
Brutalmente infreddolita sono uscita di casa per recarmi in ufficio. Spiovigginava ma la strada in cui abito era percorribile. Sono arrivata all’incrocio con la strada principale, la Rua do Catete. In realtà non riuscivo a vederla la strada, perché era diventata un fiume.
Il livello dell’acqua era a filo con il marciapiede. Ma è solo guardando più in giù nella via che mi sono resa conto che quello non era ancora niente… in lontananza il marciapiede non si vedeva neanche più. Le auto erano ferme in mezzo alla strada, solo gli autobus lentamente percorrevano la Rua do Catete e mano a mano sembrava scendessero a un livello inferiore per quanto era profonda l’acqua.
Il quartiere era deserto. Ho preso la metro e la scena apocalittica ha iniziato a turbarmi: all’ora di punta la metropolitana era vuota!
Sono scesa alla mia fermata, la Presidente Vargas. Il portico all’uscita del metrò era diventato il riparo di decine di moradores de rua (i senzatetto).
Arrivata in ufficio, il portiere mi ha avvertita: “non c’è nessuno dei tuoi”. L'ho guardato con sguardo enigmatico.
In effetti gli uffici erano deserti, le luci spente, e regnava il silenzio in tutto il palazzo. Tutti i 15 piani completamente vuoti.

Ho acceso il computer alla ricerca di notizie su internet. Ormai è chiaro: Rio de Janeiro è ufficialmente sotto l’acqua.
Dopo più di 20 ore di pioggia ininterrotta durante cui sono caduti 288 mm d’acqua, la situazione è la seguente. Le scuole e le università sono chiuse. I voli dai due aeroporti di Rio hanno subito ritardi, 5 stazioni dei treni sono state chiuse. Molti quartieri, oltre che moltissime favelas sono completamente allagati.
Ci sono interruzioni continue dell’energia elettrica, il traffico è nel caos più totale.
E ripenso a una sera in cui ho scambiato due chiacchiere con un morrador de rua… mi raccontava che si riesce sempre a racimolare qualcosa da mangiare e un posto per dormire. L’unico vero problema che ha il senzatetto è la pioggia.
Le favelas localizzate in cima alle colline di Rio sono a rischio slavine. Secondo la protezione civile il numero dei morti è già salito a 89.
Questa mattina si sono incontrati il presidente Luiz Ignacio Lula da Silva e il governatore Sergio Cabral al Copacabana Palace. Cabral ha portato all’attenzione la necessità di contenere l’espansione di comunità e favelas, dove si avranno il maggior numero di morti.
Lula, invece, ha dichiarato: “ Quando cade una pioggia di questa portata, l’unica cosa che resta da fare, per il sindaco, il governatore, la protezione civile, è rivolgersi alle persone. Per prima cosa chiedere a chi vive sulle pendici delle colline di abbandonare le pendici delle colline ; a chi vive in aree a rischio di lasciare le aree a rischio; a chi vive vicine alle sponde dei canali, allontanarsi dalle sponde dei canali. E aspettare che la pioggia smetta di cadere. Noi, allora, potremo cominciare a risolvere i problemi”.
Il prefetto, Eduardo Paes, ha chiesto ai cittadini di restare nelle proprie case. Sempre che i cittadini ne abbiano una, di casa. E che l'abitazione non si trovi in favela (“sulle pendici delle colline”), dove rischia di crollare tutto.
Una donna intervistata, stamattina, ha poi timidamente osato accennare: “Credo ci saranno dei problemi durante le olimpiadi”.
Intanto continua a piovere.

di Sarah Reggianini, casco bianco ProgettoMondo Mlal in Brasile

martedì 6 aprile 2010

In una scuola del futuro sulle Ande peruviane

Tra i più emblematici personaggi che ho avuto la fortuna di incontrare durante i miei viaggi in America Latina, non posso certo dimenticare Wilfredo Ardito Vega, docente universitario a Lima e massimo esperto di dolci tipici peruviani, ma specializzato in Diritti Umani. Per avvicinare la gente ai temi a lui cari, era solito inventarsi delle favolette ironiche ma taglienti. Vorrei ricordarne una in particolare. È ambientata in una scuola del futuro, in un paesino delle Ande peruviane, e a spanne la storia suonava più o meno così:

“Siamo a Sicuani, a due ore dal Machu Picchu, a 3.500 metri d'altezza, in un freddissimo mattino invernale del 2040..
-Pedro, spegni il computer che arriva lo scuolabus! E devi ancora far colazione!
Trangugiata un'abbondante tazza di latte e cacao con 4 biscotti, il piccolo schizzò fuori con la sua giacchina termica e il suo berrettone di alpaca, affrontando i 6 gradi sotto zero che lo schiaffeggiavano nei pochi centimetri di pelle lasciati scoperti.
La maestra era già in classe, e quando tutti i bambini presero posto cominciò a interrogarli:
-Allora, avete scoperto come si viveva nelle Ande al tempo dei vostri genitori? Chi vuole iniziare?
-Mia madre mi ha detto che non esisteva il riscaldamento!- cominciò timidamente Pedro.
-E non c'era nemmeno la corrente elettrica!- disse Sonia, la sua compagna.
-A casa mia non c'era il bagno, e la spazzatura si buttava per strada, così si ammalavano i cani e anche i bambini!- disse un altro.
-Che schifo!- si sentirono varie voci in fondo alla classe. E tutta la classe scoppiò a ridere.
-Maestra, ma è vero che molti bambini dovevano andare a lavorare?- Chiese Imelda.
-Ma certo cara, è proprio così. Ed ora sentite, anche a Lima si viveva in queste condizioni trent'anni fa?
-No, no- intervenne il più saputello, dal primo banco -Alcune famiglie avevano pure delle serve che venivano dalle nostre montagne. Erano maltrattate e dovevano rispettare i padroni, che le obbligavano a mettersi la divisa!
-Bene Javier, e qualcuno sa dirmi invece com'erano le scuole nelle nostre montagne?
-Mio papà mi ha raccontato che non c'erano acqua né bagni, pioveva dentro e i bambini la mattina dovevano camminare per ore perché non esistevano gli autobus!- disse uno, e tutti lo guardarono a bocca aperta.
-Ma dai! Sarebbero morti di freddo tutte quelle ore a piedi! È impossibile!- Un coro di assenso accompagnò Pedro.
-E invece ha proprio ragione Pedrito, bambini - li corresse la maestra – molte cose mancavano quassù, o si dovevano comprare a caro prezzo. Come le medicine ad esempio.
I bambini a quel punto rimasero interdetti, finché il saputello chiese: Ma se una famiglia non aveva soldi per comprare le medicine?
Nessuno rispose, ma tutti avevano capito.
-Ma scusa maestra, io non capisco proprio. Perché a Lima avevano le serve, l'acqua veniva sprecata per irrigare i campi da golf, e qui i bambini morivano di fame e di freddo?
La classe rimase basita, e tutti si incupirono, pensando a tutti quegli strani e brutti ricordi dei loro vecchi.
Finché Inti, dal fondo della classe, si decise a interrompere quel silenzio pensieroso - Ma com'è che è cambiato tutto?
-Sì, com'è che noi adesso viviamo come i bambini della pianura?- Disse Imelda.
-Maestra! Stai piangendo!- gridò Sonia.
-Si cari miei, piango perché mi ricordo di quanto abbiamo sofferto, senza che a nessuno importasse.

Ma in realtà, la nostra maestra piangeva perché sapeva che sia lei, sia i suoi bambini, erano solo i protagonisti di una favola inventata”.

Luca Sartorelli, amico e già casco bianco di ProgettoMondo Mlal
(luca.sartore@gmail.com)

venerdì 2 aprile 2010

Pasquetta di Festa e Solidarietà a Villafranca

In occasione del venticinquesimo di Emmaus Villafranca, e dei 20 anni di La Buona Terra e della cooperativa Sos Casa, è in programma un’intera giornata all’insegna del “ricordo”, dell’”impegno” e della “festa”, appunto. Ricco il programma a partire già dalle 10 di mattina con una Preghiera interreligiosa, la mostra I volti di Emmaus e la presentazione del Bilancio del Movimento fondato dall’Abbé Pierre nel 1949.
Dopo il pranzo offerto a tutti (su prenotazione, però), verrà aperto il Mercatino dell’usato con un contorno di musica etnica, giochi e gara di calcetto a 5.
In questa cornice sarà ospite anche uno stand di ProgettoMondo con la propria vendita di beneficienza pro Haiti. Protagoniste ancora una volta le t-shirt griffate offerte dall’azienda di abbigliamento Fix Design che, con ProgettoMondo Mlal e Emmaus Italia, stanno sostenendo un progetto di ricostruzione di 4 scuole a Léogane, cittadina a 30 km da Port au Prince e nell’epicentro del terremoto che il 12 gennaio scorso ha fatto più di 250 mila vittime.
Per portare a termine il progetto si punta a raccogliere complessivamente 280 mila euro. La raccolta, partita subito all’indomani del terremoto, e che ha visto coinvolti privati e associazioni (come ad esempio le comunità di Emmaus Italia), ha già permesso di raccogliere la metà della somma necessaria. Ma altre realtà si sono impegnate a fare la propria parte.
La festa di lunedì 5 sarà un’altra occasione per offrire il nostro contributo alla Rinascita di Haiti. L’appuntamento è per tutti a Villafranca di Verona, in località Emmaus 1,
Per info: 045.6337069 – emmaus.villafranca@tin.it

giovedì 1 aprile 2010

A Cotagaita si fa festa con la frutta


Un qualsiasi atlante di geografia, alla pagina alla Bolivia, elencherebbe, tra le sue principali produzioni agricole: soia (transgenica), canna da zucchero, cotone, girasole, maìs, quinoa, banane, altre colture tipiche del tropico e naturalmente patate.
Ma la ricchezza naturale della Bolivia, coi suoi tre famigerati “piani ecologici” (terre basse o tropicali, valli e altipiano) è incredibile. Si parla, a questo proposito, di megabiodiversità.
Dall’abbondanza delle aree amazzoniche, all’altipiano secco e freddo, passando per le miti valli, si trovano infatti climi e coltivi di tutti i tipi. In ognuno di questi angoli, i boliviani di ieri e di oggi sono riusciti a ricavare di che sfamarsi, selezionando le piante migliori (ad esempio quelle più resistenti al difficile clima altiplanico), ingegnandosi, trovando numerosi metodi di conservazione degli alimenti, e organizzando sistemi di scambi tra i diversi piani ecologici.
Ma la Bolivia riserva anche alcune piacevoli sorprese, che sembrano uscire, a prima vista, da questi schemi. Infatti, in angoli remoti, apparentemente aridi e avari, ci sono nicchie in cui si coltiva frutta a volontà!
È il caso di Cotagaita, capitale frutticola del dipartamento di Potosì, e delle sue valli. A vedere il paesaggio non ci sarebbe da scommetterci un soldo. Colline brulle con arbusti radi, suoli poveri, chili di polvere.. Lungo i fiumi le cose vanno meglio: è stupefacente il contrasto del verde del mais e delle altre colture, la ricchezza della natura in quei pochi ettari, in confronto al circondario, vero scenario da film western. Nelle mille valli e vallette della zona ci sono climi adatti alla coltivazione della vite (tra i vigneti da vino più alti al mondo, a circa 2.600-2.700 m slm), delle pesche, del melograno, della mela cotogna e, un poco, delle mele..
È qui che, a marzo, si è svolta la 12° fiera frutticola, arrivata quest’anno in anticipo rispetto gli anni scorsi per la precoce maturazione della frutta. Alla fiera ha partecipato anche A.I.P.A.I., l’associazione di produttori che appoggiamo tramite il progetto “Vita campesina”, presente con un banchetto per vendere i suoi prodotti, frutto del recentissimo primo ciclo di trasformazione.
La fiera, l’evento più importante della cittadina, il sabato ha visto sfilare le consuete bande in costume delle diverse comunità locali, che suonano e ballano al ritmo dell’anatta.


La domenica è invece il giorno in cui si espone e si vende la frutta, e i migliori produttori vengono premiati: quest’anno il primo premio è stato una coppia di bidoni da spalla per fumigare i coltivi.
La quasi totalità degli agricoltori della zona sono piccoli produttori, che naturalmente producono per il consumo famigliare, e la grande fetta di frutta eccedente viene venduta nei mercati locali o nei centri più grandi come Potosì e Tupiza. La stessa istituzione della festa testimonia quanto sia importante quest’attività economica per le famiglie delle valli di Cotagaita, e gli espositori che vi partecipano posano fieri, nei loro banchetti coloratissimi e addobbati a festa. Anche le autorità sono tirate a lucido. I visitatori provengono da ogni parte, alcuni emigrati in Argentina hanno colto l’occasione per una rimpatriata.
Il sole delle 6 scotta ancora quando ci rimettiamo in cammino per tornare alla base. Dalla capitale potosina della frutta, rientriamo a quello che, invece,è stato un tempo (e sarebbe ancora, se il Paese non fosse invaso da farine argentine o americane) il granaio della Bolivia: Cochabamba.

Leonardo Buffa, casco bianco ProgettoMondo Mlal in Bolivia