venerdì 30 novembre 2012

Bambini e movimenti sociali. Un evento in Colombia per ripensare e condividere ruoli


Unire le esperienze dei piccoli lavoratori a quelle dell’infanzia organizzata in generale per ripensare il ruolo dei movimenti sociali di bambini e adolescenti. Questo l’obiettivo dell’incontro internazionale avviato il 27 novembre a Bogotà e battezzato con il titolo “Trasformiamo i nostri contesti a partire dalla partecipazione organizzata”.
L’incontro è stato organizzato dal progetto “Il mestiere di crescere” in collaborazione con il Molacnat’s (movimento latinoamericano di bambine, bambini ed adolescenti lavoratori) con l’idea di riunire giovani provenienti da differenti paesi Latinoamericani: Argentina, Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù, Paraguay, Venezuela e Messico per confrontare esperienze di partecipazione delle organizzazioni e movimenti presenti, analizzare la situazione delle politiche dell’infanzia nei vari paesi e pensare insieme strategie di incidenza politica.
L’evento, che durerà sino al 6 dicembre, è il frutto di mesi di lavoro congiunto tra diverse organizzazioni con l’idea appunto di unire esperienze non solo dell’infanzia lavoratrice, ma anche di altre esperienze di infanzia organizzata (come è quella nelle scuole) tramite momenti di lavoro sia interni che pubblici, per aprire il tema della partecipazione infantile al mondo accademico e ai funzionari pubblici.
Realtà, queste, entrambe importanti per permettere un coinvolgimento dei minori in spazi municipali di decisione e per supportare con fondamenti teorici e accademici questa idea del protagonismo (o meglio co-protagonismo grazie al lavoro con i collaboratori) dei bambini e adolescenti organizzati.
Dopo una prima giornata di presentazione all’Universidad Externado di Bogotá, ora si stanno svolgendo le giornate di lavoro interno in cui si riflette su 4 aspetti fondamentali: incidenza politica, lavoro, salute ed educazione. Non mancano però momenti di divertimento, come partite di calcio sotto forti piogge colombiane o notti culturali in cui ogni paese presenta balli, abiti e cibi tipici per farli conoscere agli altri. L’intercambio poi, va oltre i momenti organizzati dell’incontro, per conoscersi durante i pasti o i momenti di riposo in cui i ragazzi continuano a scoprirsi. Vedere a un tavolo una bambina messicana, un bambino boliviano e una collaboratrice colombiana è l’immagine che meglio rappresenta il senso più profondo di questo evento e tutto quello che significa per il presente ma soprattutto per il futuro dei giovani che vi partecipano.

Giulia Valania
Casco Bianco ProgettoMondo Mlal Perù

La migrazione vista da "dentro"


Dopo 5 mesi di intenso lavoro, letture, redazione di documenti e lezioni, è giunto a termine il Diplomato in Migrazione, Diritti Umani e Politiche Pubbliche, lanciato dal Progetto Perù Migrante in collaborazione con l’Università Antonio Ruiz de Montoya di Lima. Il corso post-laurea - elaborato con un approccio interdisciplinare e un’ottica marcatamente volta alla protezione dei diritti umani - ha coinvolto più di 60 persone che si occupano della tematica migratoria e delle problematiche ad essa relazionate. Come parte integrante dell’equipe di progetto e in considerazione dell’obiettivo formativo - e non solo lavorativo - del mio anno come volontario internazionale, partecipare come studente al Diplomato mi è sembrata una grande occasione per approfondire argomenti da me poco conosciuti e così dare un maggior contributo alle attività del Progetto.
E’ stata una bellissima esperienza: non sempre si ha l’opportunità di affrontare tematiche così delicate insieme agli stessi protagonisti delle dinamiche migratorie (in questo caso, migranti e loro familiari, funzionari pubblici e professionisti della società civile). Allo stesso tempo, il materiale accademico utilizzato per impartire le lezioni era di assoluta qualità, supportato da docenti di fama continentale che conoscono in profondità le problematiche migratorie latino-americane e peruviane in particolare, e che quindi hanno saputo dare un assoluto valore aggiunto al Diplomato.
Tra le novità che hanno caratterizzato il corso, sicuramente, c’è stato l’approccio didattico: la metodologia di insegnamento è assolutamente non convenzionale, lontana dai classici nozionismi che caratterizzano troppo spesso l’insegnamento nelle Università Italiane, dove il ruolo di “formatore” e di “studente” è ben definito. In questo caso, tutti ci siamo sentiti studenti e formatori allo stesso tempo, poiché ognuno di noi aveva una “storia” da raccontare, aveva un bagaglio di conoscenze derivate dall’esperienza diretta, da condividere, e quindi parte importante di un processo di ricerca e approfondimento sulla migrazione peruviana.
La condivisione di queste esperienze è stato ciò che più mi ha colpito, e ancor di più il dare un valore concreto e importante ad esse: l’obiettivo finale non era solo formativo, ovvero generare uno spazio accademico multidisciplinare sulle varie dimensioni della migrazione, ma era anche creare una piattaforma di persone impegnate nella risoluzione delle problematiche migratorie, in cui discutere e riflettere apertamente sulle possibili proposte e soluzioni. Anch’io, nonostante non avessi ampie conoscenze sulla tematica, mi sono sentito parte di questo meccanismo, di questo movimento che giorno dopo giorno acquisiva consapevolezza dell’enorme lavoro che stava realizzando nel raccogliere e condividere cose che in Perù mai prima erano state affrontate ad un così alto livello accademico. Far parte di questo processo mi ha spronato giorno dopo giorno - nonostante sia stato necessario un impegno continuo - ad approfondire ancor di più le tematiche parte del Diplomato.
Oggi, a distanza di 5 mesi, mi sento più informato sul complesso mondo che si concentra attorno alla parola “Migrazione”. Questa esperienza non solo mi ha formato a livello teorico, ma mi ha anche messo di fronte ai problemi concreti che chi emigra vive ogni giorno, e mi ha reso più consapevole su ciò che realmente si può fare per dare voce a questa “categoria” di persone che spesso, proprio per il fatto di essere “migranti”, voce non ha.

Carlo Giordano
Casco Bianco ProgettoMondo Mlal Perù Migrante

Violenza sui minori. L'impegno dell'Italia

ProgettoMondo Mlal è impegnato in prima linea nell’ambito della difesa e promozione dei diritti dei minori contro ogni forma di abuso, particolarmente in Bolivia e Mozambico.
In Bolivia, la nostra organizzazione ha inaugurato, nell’agosto 2011, il primo carcere minorile del paese: Il Centro Qalauma. Un programma analogo è portato avanti da diversi anni anche in Mozambico attraverso la creazione di strutture per il recupero dei giovani infrattori nelle città di Nampula e Maputo.
Grazie al proprio costante e ostinato impegno, ProgettoMondo Mlal è riuscito così a sottrarre diverse decine di minori boliviani e mozambicani dai tremendi abusi subiti nella detenzione promiscua con gli adulti, coinvolgendoli in un percorso di riabilitazione e reinserimento sociale che permettesse loro di tornare a vedere al futuro con speranza.
Il 29 e 30 novembre ProgettoMondo Mlal ha partecipato a Roma, al Ministero Affari Esteri, alla Conferenza sul ruolo della Cooperazione Internazionale nel Combattere la Violenza Sessuale sui Minori.
L’evento ha rappresentato un'importante occasione per riflettere sulle misure e progetti pilota atti a rendere pienamente effettiva la Convenzione per la Protezione dei Minori contro lo Sfruttamento e l’Abuso Sessuale, comunemente conosciuta come Convenzione di Lanzarote.
La conferenza era organizzata dal Ministero Affari Estero Italiano, il Consiglio d’Europa e il Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio di Ministri nell’ambito della campagna internazionale “Combattere la violenza sessuale sui minori”.
Ai lavori hanno preso parte, tra gli altri, delegati di Unicef, OIM (Organizzazione Internazionale per la Migrazione) e le delegazioni dei paesi firmatari della convenzione provenienti da tutte le parti del mondo. Per l’Italia erano presenti il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Elsa Fornero, il Ministro degli Esteri Giulio Terzi e la Ministro della Giustizia, Paola Severino, nonché i rappresentanti delle organizzazioni della società civile internazionale impegnati nella promozione e difesa dei diritti dei minori.
ProgettoMondo Mlal ha partecipato portando il proprio fondamentale contributo in virtù dell’esperienza maturata nell’ambito della giustizia minorile, attraverso i programmi promossi nell’ambito della protezione dei minori in situazione di conflitto con la legge, spesso vittime di abusi (maltrattamenti, violenze fisica e psicologica, violenza sessuale) di ogni tipo perpetrati senza che vi sia alcuna azione a loro protezione e tutela.
Nell’ambito della Conferenza, ProgettoMondo Mlal ha parlato in rappresentanza del working group relativo a “Strategic Approaches in preventing and combating sexual exploitation and sexual abuse of children trough development cooperation programmes" riassumendo davanti alla sessione plenaria i principali risultati e raccomandazioni emerse nei due giorni di lavoro svolto a latere dai gruppi tematici. In particolare, per quanto riguarda le valutazioni circa il contributo della cooperazione internazionale nell’implementazione della Convenzione, l’attenzione si è concentrata su due aspetti principali: l’impatto degli interventi e la loro sostenibilità.
Sul piano dell’impatto, è stata rilevata la necessità di costruire interventi a carattere integrato che intervengano contemporaneamente su più ambiti (prevention, protection, prosecution, partecipation), sviluppando un approccio multisettoriale che coinvolga tanto il settore privato, quanto la società civile. Analogamente è stata ribadita la necessità di un maggiore scambio di informazioni e coordinamento degli attori che lavorano sul campo per rafforzare lo scambio di buone pratiche e l’integrazione degli interventi. Per quanto riguarda invece la sostenibilità dei progetti e programmi di cooperazione, è stata sottolineata l’importanza del coordinamento con le istituzioni pubbliche dei paesi di intervento per favorire un loro coinvolgimento e la progressiva appropriazione della tematica; allo stesso tempo la necessità di definire indicatori e target specifici attraverso cui monitorare e valutare l’efficienza/efficacia degli interventi.

Marialuisa Milani
Ufficio Programmi ProgettoMondo Mlal


giovedì 29 novembre 2012

Unione Europea verso il taglio della cooperazione. La Focsiv teme la sconfitta di un disegno politico

La crisi europea si sta per abbattere anche sulla cooperazione, si prevedono tagli sui finanziamenti che l’Unione europea dedica alle relazioni esterne; quello che emerge è il messaggio politico di una Unione sempre più introversa e che non concepisce il suo rilancio in un contesto globale e di co-sviluppo con il sud del mondo.
Alla vigilia del Consiglio Europeo del 22-23 novembre scorso il mondo della cooperazione italiana aveva espresso la sua preoccupazione inviando una lettera al presidente del Consiglio Monti.
Il Consiglio deve trovare un accordo sul quadro finanziario pluriennale a disposizione dell'Unione per il periodo 2014-2020.
Ad oggi il totale del titolo 4, concernente l'azione esterna dell'Unione, ammonta a 65,650 miliardi di €. Ciononostante per la prima volta questi numeri comprendono l’aiuto per l’Emergenza, tradizionalmente fuori dal budget. Questo significa che, senza l’Emergenza, il totale sarebbe, ad oggi, di 63,690 miliardi di €, a fronte di una proposta iniziale di 70 miliardi e con un taglio complessivo del 9%, due punti percentuali in più rispetto a tutti gli altri capitoli.
Il Fondo Europeo di Sviluppo (EDF), con il quale viene finanziata la maggior parte dei programmi per i Paesi ACP, è ancora maggiormente colpito, con un taglio dell' 11%.
La cosa più grave, se possibile, è che il Fondo di Aiuto all'Emergenza (Emergency Aid Reserve - EAR), cruciale affinché l'Unione Europea possa mobilitare prontamente fondi per rispondere a crisi ambientali e umanitarie urgenti e drammatiche, si vedrebbe ulteriormente danneggiato, con un taglio del 20%, da 2,45 a 1,96 miliardi.
L’Europa rappresentava, soprattutto per la società civile italiana impegnata nella cooperazione, un attore sempre più importante, sostenitore di relazioni internazionali fondate sul rispetto dei diritti umani. – commenta Gianfranco Cattai, presidente FOCSIV - Dopo la crisi italiana della cooperazione anche l’Unione sembra ripiegarsi su sé stessa e abbandonare una visione aperta al mondo, in contraddizione con le sue stesse pretese di global player e di soft power. La questione dunque non è solo quella dei tagli ma è soprattutto politica.”
La società europea ha bisogno di un disegno politico di grande respiro orientato allo sviluppo umano sostenibile, uno sviluppo che si gioca a livello internazionale, nei tavoli multilaterali sulle grandi questioni globali che incidono sul benessere dei cittadini europei e non, nel rapporto con i paesi emergenti, in relazioni di equità e giustizia con i paesi impoveriti.
Sembra invece prevalere una visione miope, di ritorno al nazionalismo, al mercantilismo e alla chiusura nei propri confini. Un disegno politico che voterebbe l’Europa ad un accelerato processo di declino, tradendo i principi di solidarietà e costruzione di relazioni di pace da cui è nata a seguito della seconda guerra mondiale.

Un incontro internazionale sul trattamento della vigogna



Considerando l’importante, antico e culturale connubio tra la vigogna e il popolo andino, nel 1979, si firmò il “Convegno per la Conservazione e trattamento della Vigogna” tra Argentina, Chile, Perù, Bolivia ed Ecuador con l’obiettivo di salvaguardare la vigogna, in pericolo di estinzione, e il suo habitat naturale.
Tale accordo ha ottenuto il risultato sperato, ripopolando di vigogne il territorio andino e rappresentandosi come uno dei più lodevoli esempi di conservazione faunistica al mondo. Ora, attraverso l’incontro internazionale dei paesi firmatari del convegno, tenutosi a La Paz dal 14 al 16 novembre, si è voluto creare una piattaforma internazionale, dove le diverse comunità indigene originarie, potessero condividere le loro esperienze, discutere e affrontare tematiche ambientali e sociali importanti, per coadiuvare una maggior integrità e consolidazione del processo di conservazione e trattamento sostenibile della vigogna.
Obiettivo dell’incontro era, inoltre, migliorare la partecipazione delle comunità locali nelle politiche pubbliche relazionate alla gestione sostenibile della vigogna e delle risorse naturali in ogni paese appartenente al Convegno della Vigogna. Tra gli invitati speciali a tale incontro vi era “Proyecto Qutapiqiña” che ha potuto così partecipare al nuovo processo di consolidazione del trattamento sostenibile della vigogna e allo sviluppo dell’inserimento di tali tematiche nelle politiche pubbliche, obiettivo considerato vitale anche per la realizzazione del progetto in corso. 

Vanni De Michele,
Casco Bianco ProgettoMondo Mlal Bolivia

Haiti, la grande vulnerabilità dei più piccoli

Dopo il terremoto del gennaio 2010, ci sono due tendenze molto preoccupanti che riguardano l’estrema vulnerabilità di cui sono vittime i più piccoli.
La prima è la violenza di genere e sui minori. Secondo Kofaviv, la Commissione di difesa delle vittime di violenza, dopo il terremoto del 2010, sono minorenni la maggioranza delle vittime, e nel 62,5% dei casi hanno un’età compresa tra i 10 ed i 15 anni. Ragazze che hanno perso la famiglia, e che entrano nel traffico della prostituzione forzata per sopravvivere.
Le zone di frontiera, come Fonds-Verrettes, costituiscono inoltre una terra franca per il mercato illecito con la Repubblica Dominicana di cui, i giovani in cerca di lavoro e le donne, sono vittime speciali di un traffico umano mai in diminuzione, come suggeriscono i rapporti e le testimonianze del Garr, Gruppo di appoggio ai rimpatriati e rifugiati, che dagli anni ’90 lavora nella zona sulla problematica frontaliera, promuovendo l’organizzazione comunitaria per la protezione dei diritti umani.
La seconda tendenza riguarda le adozioni internazionali. Secondo l’Organizzazione di Adozione Francese -Paese di destinazione prioritaria per le adozioni ad Haiti con un budget tra i 10 ed i 15 milioni di USD e 1.000 bambini adottati all’anno- dal 2010 l’età media è precipitata: sempre più anziani i genitori e sempre più piccoli i bambini oggetto delle adozioni, la cui età media è scesa tra gli zero ed i tre anni.
Generalmente, il prezzo per ottenere in adozione un bambino hatiano si situa tra i 10-15 mila dollari. Le famiglie biologiche, haitiane, non godono di alcuna tutela rispetto alla destinazione del figlio, di cui spesso vengono private senza consapevolezza del processo e delle sue implicazioni. Ma soprattutto, in tutta questa lunga catena di drammi personali e familiari, resta in secondo piano l’interesse del bambino.
Essendo i bambini l’oggetto del processo, ed essendo non solo minorenni, ma anche totalmente incoscienti e incapaci di scegliere, è ovvio che sono loro i soggetti più fragili e vulnerabili. Ciò implica una riflessione profonda per definire COSA è veramente l’interesse dei bambini. Secondo il Premio Nobel Amarthya Sen “Sviluppo Umano è aumentare le opportunità di scelta e dunque la libertà degli individui. Lo Sviluppo Umano non dipende solo del Benessere Economico”.
Inoltre, considerata la debolezza delle Istituzioni (peggiorata dalla catastrofe economica e sociale derivante dal terremoto), e l’ingente traffico economico che le adozioni internazionali possono rappresentare, è d’obbligo un quadro normativo ed un sistema sociale di supporto al processo delle adozioni: a fine di garantire, ad esempio, che il bambino sia accolto dai genitori capaci di dargli (materialmente ed affettivamente) le condizioni migliori per Svilupparsi e non solo in grado di pagare di più e più in fretta per averlo, cadendo spesso vittima dei ricatti praticati da Kresh locali (come vengono chiamati in creolo gli Orfanatrofi, che gestiscono il processo) talvolta poco etiche e generalmente molto poco controllate.

Petra Bonometti

ProgettoMondo Mlal Haiti

mercoledì 28 novembre 2012

Bolivia: Firmato l'accordo per i detenuti di Qalauma

Un accordo operativo tra Regime Penitenziario, ProgettoMondo Mlal e Diocesi di El Alto. Firmato il 20 ottobre scorso nell’ufficio della Cooperazione Italiana (UTL) a La Paz, il nuovo protocollo prevede che, con un graduale trasferimento delle competenze, il Regime Penitenziario boliviano assuma la gestione dei servizi socio- educativo della sezione maschile del centro Qalauma, e si faccia carico della parte del Centro destinata invece alle giovani donne.
La cerimonia ufficiale è iniziata con un breve discorso di benvenuto di Felice Longobardi, direttore dell’Ufficio Tecnico Regionale della Cooperazione Italiana, seguito poi dalle parole del direttore Nazionale del Regime Penitenziario, Ramiro Llanos.
Il problema delle carceri boliviane è che si preferisce ancora utilizzare la forza” ha detto. “Bisognerebbe prima di tutto cercare di creare un cambiamento nella mentalità comune”.
Infine sono intervenuti Riccardo Giavarini, in rappresentanza della Diocesi di El Alto e Aurelio Danna, referente di ProgettoMondo Mlal in Bolivia.
L’accordo, il cui antecedente tecnico e politico è la Convenzione Internazionale firmata nel febbraio 2011 tra Regime Penitenziario, ProgettoMondo Mlal e Diocesi di El Alto, stabilisce la ripartizione di compiti e funzioni tra le differenti istituzioni firmatarie per ciò che riguarda le attività programmate per il 2013.
Vale la pena sottolineare che in seguito alla presentazione di un nuovo progetto di 1.500.000 € da parte di ProgettoMondo Mlal, la Cooperazione Italiana potrebbe impegnarsi a stanziare quasi 750.000 €, appoggiando così il Centro in termini di infrastrutture, risorse umane, attività di formazione professionale e attività nel programma di formazione nazionale per gli operatori penitenziari e gli operatori di giustizia.
Si tratterebbe di un sostegno importante, per un progetto che punta alla riduzione del tasso di violenze dei diritti dell’infanzia in Bolivia, mettendo l’accento sull’emarginazione e sull’esclusione degli adolescenti e giovani privati di libertà e allo stesso tempo nell’affermazione del Codice dei bimbi e degli adolescenti e della Convenzione Internazionale dei Diritti del Bambino.

Rosilde Brizio
Casco Bianco ProgettoMondo Mlal Bolivia


martedì 27 novembre 2012

L’Istituto Aleardo Aleardi aderisce al progetto Chievo Peru’


Anche l’Istituto Aleardi di Verona aderisce al progetto Chievo-Perù che nella periferia di Lima, grazie all’impegno dell’Organizzazione di cooperazione internazionale ProgettoMondo Mlal, promuove attraverso lo sport la partecipazione e la crescita dei giovani più vulnerabili e disagiati.
Qui, con i fondi raccolti in Italia, verrà realizzata una piastra sportiva polifunzionale per incentivare opportunità di crescita, educazione, e formazione per ragazzi meno fortunati.
All’iniziativa di solidarietà internazionale hanno aderito anche gli alunni dell’Istituto scolastico veronese, inserendola nel progetto Junior Achievement per il quale i ragazzi dovevano costituire un’azienda per la realizzazione e produzione di oggetti che possano divenire di uso quotidiano, e quindi venduti con la devoluzione degli eventuali introiti al Progetto Chievo Perù.
Il prodotto realizzato dagli studenti è un braccialetto con inserito un badge, ribattezzato “Slide me”, che può sostituire agevolmente e comodamente i vari sistemi di riconoscimento elettronico utilizzati nelle aziende.
Una volta costruito il prodotto, i ragazzi avevano però bisogno di un testimonial di spessore e impegnato nel sociale, e così hanno pensato al ChievoVerona e al suo giocatore peruviano, Paulo Rinaldo Cruzado, già testimonial del Progetto ChievoPerù e già ospite, assieme a Patrizio Binazzi, tavelmaneger del Chievo, dell’incontro “Educare Attraverso lo Sport” svoltosi a scuola, in cui aveva appunto presentato il Progetto in via di realizzazione in Perù.
L’atleta con la sua umiltà, professionalità e simpatia si è prestato al ruolo di testimonial e ambasciatore dei valori dello sport per l’Ong veronese ProgettoMondo Mlal che, da 45 anni fa cooperazione allo sviluppo in America Latina e Africa, incontrando il favore di tutti gli alunni dell’Istituto Aleardi e coinvolgendoli in questo nuovo impegno perché apprezzino ciò di cui disponiamo. Il felice incontro con Cruzado sta anche portando fortuna ai ragazzi Aleardini direttamente impegnati nel progetto-concorso che li ha visti primeggiare nel Veneto e imporsi all’attenzione delle giurie alla fase nazionale.
Ora gli alunni si stanno dando da fare affinché i braccialetti possano essere realizzati su più ampia scala in modo da contribuire più significativamente all’appello lanciato dal centrocampista peruviano e dal ChievoVerona.
Come succede spesso, l’Istituto Aleardi, condotto dalle sorelle Luciana e MariaGrazia Nalin, ha coinvolto i propri ragazzi in una attività culturale e benefica che possa far crescere nella consapevolezza che altri purtroppo soffrono per la mancanza per ciò che per noi è scontato.
Gli insegnanti Roberto Alberti, Roberto Poccetti (nella foto insieme ai ragazzi dell'Aleardi) e Tiziano Manzini hanno seguito gli alunni nella realizzazione del progetto e si stanno impegnando per assicurare una buona raccolta fondi e quindi un aiuto consistente ai piccoli connazionali di Rinaldo.

lunedì 26 novembre 2012

Guatemala: dopo il sisma, prevale la desolazione



Il prolungato sisma del 7 novembre ha lasciato alle spalle la desolazione: tristezza, lacrime, lutto, fame, sete e freddo. Bambini orfani, donne vedove, madri senza figlie e uomini senza famiglia.
30 secondi sono stati sufficienti perché le pareti di case, negozi e uffici si convertissero in un cimitero e con esso il Guatemala si ritrovasse a vivere un secondo terremoto dopo 32 anni dalla tragedia del 1976.
7.2 gradi della scala Richter annunciavano le notizie dell’ultima ora e localizzavano l’epicentro a San Marco, Quetzaltenango, Retalheuleu, Sololà, Totonicapàn e Huehuetenango: dipartimenti situati nella parte sud-occidentale del Guatemala.
Il presidente Otto Pérez Molina, dopo aver dichiarato immediatamente lo stato di allarme rosso, ha ordinato di evacuare edifici e luoghi di lavoro. Ha decretato 3 giorni di lutto e ha chiesto la sospensione di tutte le attività che prevedessero una massiva concentrazione di persone.
Una prima valutazione dei danni conta 48 morti e 150 feriti, 1.321.564 persone colpite, 26mila persone evacuate e 39mila abitazioni distrutte o con gravi danni. San Marcos e Quetzaltenango sono stati le località più colpite, dove sono morte 42 persone. Fortunatamente, il numero delle vittime non è stato maggiore perché all’ora del terremoto, le 10.37 del mattino, molte persone già si trovavano sul luogo del lavoro: mentre le loro case stavano crollando, si salvavano così da una morte certa.
Il bilancio di danni e vittime non è così tragico come quello del lontano 1976. All’epoca, il sisma durò 46 secondi e le vittime furono circa 23mila. Mentre nel 1976 la profondità del movimento sismico fu di soli 5 km, il 7 di novembre si è originata a 33 km di profondità. Differenza che, secondo gli esperti dell’Instituto de Sismología, Vulcanología, Meteorología e Hidrología (INSIVUMEH), è stata fondamentale per evitare una tragedia di tali dimensioni.
Anche se il danno del movimento tellurico è minore rispetto al 1976, la vita non tornerà ad essere la stessa per gli abitanti di San Marco. Continuano le scosse di assestamento e quando trema la terra tornano la paura, il ricordo e la tristezza impregnati nella mente e nel corpo degli abitanti di San Marco quel fatidico 7 di novembre.

tratto da Adital