mercoledì 29 giugno 2016

Voci dalla migrazione

Il futuro è sospeso, non vi è alcuna certezza del domani. Forse per questo moltissime persone, soprattutto ragazzi desiderano o decidono di lasciare il Marocco per una terra vicina, ma allo stesso tempo lontana, carica di promesse e separata da un lembo di mare troppo spesso mortale.
Dalla provincia di Beni Mellal provengono la gran parte degli immigrati marocchini in Italia, una provincia più povera di molte delle sue vicine e trascurata dalla capitale. In questo luogo si possono raccogliere molti racconti: il villaggio che ha perduto un’ intera generazione, di giovani, di ragazzi partiti assieme per cercare una vita migliore, non solo per loro stessi ma per l’intera comunità; l’uomo disperato che è stato espulso dall’Italia in seguito ad un arresto; il ragazzo che, arrivato in Europa, non è riuscito ad ottenere i documenti per il soggiorno perché l’attentato alle Torri gemelle aveva reso più diffidenti tutti quanti; il compagno di viaggio che aggrappato sotto un camion ha perduto tutte le dita di una mano.
Partire, nonostante il rischio non ignoto alle persone che migrano per motivi economici, partire per la spinta intrinseca che ci porta sempre a cercare di migliorare la nostra situazione, perché tentare vale comunque la pena, vale il rischio, vale la disperazione dei padri e delle madri, che in lacrime senza nemmeno i corpi dei figli da seppellire, dicono “hanno fatto bene a provare”.
Perché alla fine quello di partire per trovare un futuro, quello di migrare, è uno dei diritti dell’uomo. Noi non possiamo e non dobbiamo fermare queste persone che vogliono raggiungere un paese come il nostro, che prima di diventare meta di immigrazione era terra di partenza di moltissimi migranti. Possiamo però sensibilizzare ad una migrazione responsabile, dove sono chiari non sono solo i rischi del viaggio ma anche le difficoltà presenti una volta raggiunta la destinazione.
Sempre a Beni Mellal esiste una mediateca dove i ragazzi e le ragazze possono informarsi, confrontarsi e parlare anche di migrazione, molti di loro desiderano partire e colpisce la diversità delle loro storie: dalle spigliate ragazzine in jeans, che in Europa desiderano completare gli studi, alla ragazza che da anni sostiene da sola la famiglia e desidera che le sorelle possano proseguire il percorso scolastico, dal ragazzo che si è specializzato in trucchi di prestigio e sogna di esibirsi per il mondo, a ragazzi che semplicemente desiderano maggiori possibilità. Ragazze che per partire accetterebbero anche il matrimonio bianco, altre che è l’unica cosa che non prenderebbero mai in considerazione. L’unica voce fuori dal coro è quella di una ragazza, evidentemente più benestante, che contraria alla migrazione invoca a restare in Marocco.
La migrazione è un fenomeno complesso e per provare a capirlo noi abbiamo il dovere di ascoltarne le molte voci.

Margherita Garonzi, studentessa del liceo classico Maffei di Verona,
Progetto Alternanza Scuola-Lavoro

Il Diritto di vivere

Vivere e far parte di una società non è sempre semplice se non si conoscono i propri dritti. Così può succedere che ti sia vietato di fare qualcosa senza un motivo valido o di sentirti emarginato solo perché sei donna, e quindi sottomessa e non libera di vivere la tua vita.
Non c’è da stupirsi, poiché si sa che, purtroppo, è una realtà esistente in quei Paesi dei quali nessuno parla, nei quali si pensa che l’unico problema sia la povertà. Quei luoghi così misteriosi, però, devono essere osservati da vicino per vedere con i propri occhi le loro vere necessità. 
Ci sono popoli che vivono di sussistenza e costruiscono le case con dei mattoni, sono fuori da ogni centro abitato e per loro è difficile ricevere le cure mediche adeguate. Proprio per questo molte organizzazioni, tra cui ProgettoMondo Mlal, hanno deciso di aiutare queste popolazioni a crescere, a far loro capire che non devono vivere senza preoccuparsi dei loro diritti, perché questi sono fondamentali per qualsiasi comunità. I diritti umani riguardano tutta la popolazione mondiale, anche coloro che vivono in piccoli paesi sperduti. Sono importanti perché salvaguardano la vita di una persona e la fanno vivere in tranquillità in un mondo che dovrebbe essere aperto a tutte le culture. Questi diritti non cambiano in base alla persona che ci si trova davanti e non cambiano nemmeno in base al colore della pelle.
Un diritto negato nei Paesi africani, per esempio, è l’alfabetizzazione, che grazie a scuole preparatorie sta diminuendo sempre di più. Si stanno infatti aiutando centinaia di bambini ad entrare nelle scuole medie, percorso che poi servirà loro per proseguire con gli studi. Il diritto all’istruzione è indispensabile nella vita di un ragazzo poiché lo aiuta a realizzarsi e ad avere dei progetti per il futuro. È interessante e significativo notare che tutti i bambini del Sud del Mondo alla domanda “Cosa vorresti diventare da grande?” rispondano insegnante o educatore. Portare delle piccole scuole in questi paesini emarginati quindi funziona, e vivendo insieme alla gente locale si può capire anche la felicità e la soddisfazione dei genitori per i propri figli. È un modo per dare loro appoggio e fiducia.
Un fenomeno molto diffuso in questi ultimi anni è l’emigrazione. Molti giovani cercano di scappare da una società in guerra, vogliono rischiare la vita per trovarne una migliore; non importa se rischiano di morire, non hanno nulla da perdere. Molto difficilmente questo modo di agire e di pensare lo si può ritrovare nella vita di un giovane occidentale. Ma i ragazzi africani non vogliono vivere nel radicalismo, vogliono provare a migliorare la loro vita. Questo è un loro diritto, come lo è per coloro che vanno in America a trovare lavoro. Il concetto è sempre lo stesso.
L’istruzione, le cure mediche, la speranza sono i tre elementi principali per tutti gli uomini, li aiutano a crescere, ad avere delle idee proprie, dei progetti propri senza vivere con le imposizioni di qualcuno che si crede superiore. Grazie a questi diritti si crea l’uguaglianza, che molto spesso viene dimenticata. Vivere la propria vita significa essere liberi di pensare e di fare ciò che è meglio per se stessi, conoscendo i propri diritti e principi.   

Demetra Pollinari, studentessa del liceo linguistico Maffei di Verona
Progetto alternanza scuola-lavoro

giovedì 23 giugno 2016

L’impegno di ProgettoMondo Mlal per le comunità peruviane

Il Perù è particolarmente degno d’attenzione nell’operato dell’organizzazione ProgettoMondo Mlal, che opera nel paese andino da oltre quarant’anni.
Questa nazione sudamericana, geograficamente e antropologicamente estremamente diversificata, si estende su un territorio pari a tre volte l’Italia e ospita circa 30 milioni di abitanti.
Paese spesso ritratto in cartolina, convive con luci ed ombre: relativamente democratico sin dal termine delle dittature militari in America latina negli anni ’80, dopo un periodo di crisi attraversa ora un momento di forte crescita economica, basata principalmente sullo sfruttamento delle numerose risorse minerarie. Biologicamente megadiverso e con un grandissimo patrimonio storico-culturale, il Perù è però caratterizzato da una profonda disparità sociale: la popolazione, oltre a essere estremamente giovane, il 50% ha infatti meno di 18 anni, è multietnica e organizzata parallelamente al censo. Ricchissimi, che ostentano il lusso nel centro della capitale, si contrappongono a poverissimi, che spesso abitano le periferie o i centri andini. La maggior parte degli abitanti vive inoltre nella zona costiera, il cui territorio, a natura prevalentemente desertica, viene così sottoposto a uno pesante stress idrico ed ecologico. Anche la capitale Lima, che da sola conta circa 10 milioni di abitanti, non è esente dalla problematica.
ProgettoMondo Mlal è una Ong veronese che sviluppa progetti per la cooperazione allo sviluppo: non opera quindi interventi in emergenza, ma attraverso un’attenta analisi delle problematiche della zona attua un intervento alla radice, coinvolgendo la popolazione locale in progetti che, oltre a portare finanziamenti, includono formazione e sensibilizzazione, arrecando quindi vantaggi duraturi rivolti più alla comunità che al singolo.
Nel paese sudamericano in cui l’organizzazione è presente sin dal ’75, i progetti si adattano ovviamente alle esigenze di questa complessa nazione: progetti come "Café Corecto" o "Economia Solidale" promuovono i diritti dei lavoratori del caffè in aree disagiate e il rafforzo del quadro dell’economia rurale favorendo l’associazionismo e il cooperativismo ed in particolare potenziando il ruolo della donna, fondamentale all’interno della società peruviana. Vengono proposti progetti di formazione sulla migrazione e sul contrasto al traffico delle persone. Storica e fondamentale, all’interno di una società così giovane, è la collaborazione con il Manthoc ed altre organizzazioni nel progetto sul lavoro minorile “Il Mestiere di crescere”. 
Il programma non punta, come nella concezione tradizionale, a mettere fine al lavoro di bambini e adolescenti ma piuttosto, rendendo i ragazzi protagonisti, combatte per la dignità del lavoro, spesso fondamentale per supportare le famiglie, contro lo sfruttamento, per una retribuzione equa e per la loro possibilità di frequentare la scuola. Tramite percorsi formativi e laboratori per questi ragazzi il lavoro da motivo di vergogna diventa fonte di orgoglio.
Numerosi sono i risultati ottenuti nel corso di questa lunga permanenza e numerosi sono ancora gli sforzi da fare.

Margherita Garonzi, studentessa del liceo classico Maffei a Verona
Progetto Alternanza Scuola-Lavoro

Un anno di crescita collettiva


Conoscere una nuova realtà, vivere un’esperienza in tutte le sue sfumature, avere il coraggio di crescere e affrontare le proprie scelte.
Silvia Tizzi
, laureata in pedagogia nel 2014 a Genova è la testimone di questo percorso innovativo e sociale. Una ragazza che ha deciso di vivere un anno in un Paese lontano dal suo, del quale non conosceva niente se non poche informazioni generali, il Perù. La sua scelta è stata personale, appoggiata da amici e parenti sta crescendo professionalmente ma soprattutto umanamente. Il suo sogno di fare un viaggio nell’America del Sud si è realizzato grazie al Servizio Civile di ProgettoMondo Mlal.
È un’esperienza che fa vedere con i propri occhi la vera situazione sociale di una realtà tra le più eterogenee. L’impatto con questo mondo è forte e la curiosità di Silvia le ha fatto notare parecchie differenze culturali rispetto al paese di origine. Una tra le tante è il fatto che in Perù un quarto dei bambini lavora. Questo dato può lasciare basiti, ma bisogna entrare nell’ottica di quella società. I così detti Niños y Adolescientes Trabajadores, infatti, sin da piccoli sono abituati a lavorare in casa o nei mercati per aiutare la famiglia. Ma ormai da 40 anni Manthoc, organizzazione che favorisce il diritto allo studio dei bambini lavoratori, ha aiutato molti ragazzi a valorizzare il loro ruolo all’interno della società. Grazie a un percorso accompagnato infatti, viene loro insegnato che ciò che fanno per la cittadinanza è importante e contributivo. Essi riescono a dire con orgoglio che sono dei lavoratori e sognano di realizzarsi come persone.
Silvia appunto fa parte di questo progetto e si occupa di far visitare ai delegati italiani i diversi centri del Manthoc che sono presenti sul territorio peruviano. Ogni 6 mesi è incaricata di informare la Sede Centrale di ProgettoMondo Mlal di Verona, dei cambiamenti e i progressi che stanno avvenendo all’interno del progetto ‘Il Mestiere di Crescere’.
Grazie a questa sua esperienza che terminerà ad agosto, Silvia ha imparato ad apprezzare altri aspetti di quella che può essere considerata la sua nuova terra. Durante questo anno è riuscita a cogliere una diversa cognizione del tempo: ha imparato a dare la giusta importanza a qualcosa che prima le pareva scontato. Ma nonostante questo possa essere un lato positivo, la non preoccupazione del rispetto del tempo può essere frustrante. Per esempio, per un colloquio di lavoro a Silvia è capitato di aspettare un’ora, e anche nei bar e nei ristoranti, persino un panino può arrivare con tempi biblici.
Tramite l’incontro ravvicinato con i bambini è riuscita anche ad ammirare la maturità con i quale essi affrontano le loro giornate. Sono infatti consapevoli delle loro condizioni familiari e fanno di tutto per cercare di aiutare i genitori. Sono dei piccoli adulti dai quali, secondo Silvia, dovremmo prendere esempio. I bambini occidentali dovrebbero essere informati delle situazioni che esistono nelle altre parti del mondo. Perciò la nostra volontaria al suo ritorno continuerà a diffondere questo interscambio, portando la sua esperienza nelle scuole e nelle associazioni italiane.
Il suo viaggio sta per terminare ma questa esperienza l’ha fatta maturare e si sente orgogliosa di aver intrapreso questo percorso, portando soddisfazione alla sua famiglia, al ProgettoMondo Mlal, ma soprattutto a se stessa.

Demetra Pollinari, studentessa del liceo linguistico Maffei a Verona
Progetto Alternanza Scuola-Lavoro

mercoledì 22 giugno 2016

Una storia d’Innovazione e d’Identità

Possono identità culturale e innovazione essere due facce della stessa medaglia?
Trovare il trait d’union fra questi due concetti apparentemente inconciliabili è stato forse uno degli obiettivi più ambiziosi del progetto “Hilando Culturas che ProgettoMondo Mlal dal 2013 sta realizzando al fianco della Ong britannica Soluciones Prácticas e della locale Red Oepaic, rete delle organizzazioni economiche di artigiani con identità culturale.
Il progetto ha lo scopo di appoggiare le produzioni artigianali tessili tradizionali col fine di creare un reddito stabile per i produttori e in questi ultimi anni ha realizzato, tra le altre cose, vari microprogetti e laboratori per incentivare gli artigiani e le artigiane delle nostre associazioni a rimettersi in gioco e a ideare prodotti capaci di mantenere i tratti più identitari della cultura andina e allo stesso tempo essere interessanti sul mercato internazionale.
Detta così può sembrare un gioco da ragazzi, ma non è così facile riuscire ad abilitare tanti artigiani, spesso anziani, senza connessione internet o che non sono mai usciti dal loro paese, a un gusto estetico tanto lontano dal loro come il nostro occidentale.
Purtroppo o per fortuna, l’artigianato tessile boliviano è di altissimo livello e utilizza principalmente pura fibra di alpaca. Nonostante si cerchi sempre di trovare un prezzo equo per il produttore come per il consumatore, il mercato interno non riesce ad assorbire tutta la produzione perché solo in pochi in Bolivia possono permettersi di indossare capi artigianali. La maggior parte della produzione resta destinata così al mercato straniero, per lo più nord americano ed europeo, che come sappiamo sono mercati molto dinamici e competitivi. Non bisogna però credere che il mercato interno sia da meno; la Bolivia negli ultimi anni ha avuto una crescita esponenziale che ha profondamente cambiato la società e aumentato i consumi. I giovani boliviani della città oggigiorno guardano allo stile dei loro coetanei dell’emisfero nord.
Adattare la produzione ai nuovi consumatori con un disegno più accattivante non poteva evidentemente significare sacrificare secoli di cultura e saperi sull’altare del profitto. Significava rendere la loro economia sostenibile. La sfida per questi piccoli artisti è stata trovare nuove forme di tramandare disegni e saperi carichi di identità, attualizzarli, renderli fruibili e soprattutto vitali affinché la cultura andina non muoia sotto l’incalzare del tempo.
Sembra forse esagerato parlare in questi termini visto che stiamo considerando capi d’abbigliamento?
Nella cultura andina i tessuti sono da sempre mezzi per identificare e narrare la storia di chi li indossa: raccontano miti, leggende e storie del territorio dove sono stati prodotti e il ruolo sociale del proprietario all’interno della comunità. Qui i bambini fin dalla nascita seguono le loro madri avvolti negli aguayos, larghi teli tessuti al telaio con l’iconografia tradizionale che a loro volta riceveranno dalle loro genitrici da adulti e che porteranno sulle spalle per tutta la vita. Basta questo per capire che valore simbolico assuma l’arte tessile da queste parti nella vita della gente.
Per celebrare la fine di tutto questo lavoro il 2 giugno scorso abbiamo organizzato il primo concorso d’innovazione di prodotto per premiare quegli artigiani che si sono impegnati maggiormente in questo senso. L’evento si è svolto nel Patio Cultural del Ministero di cultura e turismo boliviano. I gruppi che hanno partecipato sono stati complessivamente dodici, e ciascuno di loro ha presentato in media tre prodotti.
L’evento ha voluto rappresentare anche una vetrina per l’arte boliviana contemporanea, ed hanno voluto accompagnarci il giovane maestro Rodrigo Llanos con la sua chitarra classica e il famoso street artist boliviano El Marsh che ha realizzato, durante tutto l’evento, una performance artistica disegnando su una tela 1mx80cm la sua rappresentazione dell’identità dell’arte tessile boliviana. La tela sarà in seguito esposta nel Centro di Interpretazione Culturale di Comart Tukuypaj per dare mostra al visitatore di un esempio di arte contemporanea in Bolivia.
Dopo la sfilata di tutti i prodotti selezionati ci sono stati tre vincitori: il primo premio di 26.000 Bs-. è stato aggiudicato al gruppo Yanapasixpañani che si è presentato con la giacca di alpaca da uomo realizzata con tre tecniche, a macchina, telaio a pedali e telaio tradizionale Pampa Away, tutto filato manualmente con il fuso; il secondo premio di 16.00Bs-. è andato al gruppo COMCA per il vestito per bebè in fibra di alpaca tinta con tinte naturali e che pórta il nome della sua realizzatrice, Hilranda; infine il terzo premio di 11.000Bs-. è stato vinto dal Centro Artigianale Gregorias con il maglione da uomo in alpaca con figure geometriche astratte ispirato ai lavori dell’artista contemporanea boliviana Martha Cajías, con la quale le artigiane avevano realizzato anni addietro, grazie all’appoggio del progetto, laboratori di innovazione di disegno.
I premi saranno destinati all’acquisto di materiali utili a migliorare gli atelier dei nostri artigiani.
Altri sei prodotti infine sono stati premiati con una menzione speciale equivalente a due coni di filo per incoraggiare le future produzioni in questo senso e che le associazioni vincitrici potranno riscattare presso una cooperativa tessile locale con un voucher.
Il nostro augurio e ovviamente che i nostri artigiani possano continuare a produrre lanciando uno sguardo al passato ed uno sguardo al futuro, e che a questo primo concorso seguano molti altri e molti altri vincitori possano raggiungere l’obbiettivo di rinnovarsi e rinnovare le proprie piccole opere d’arte.

Stefano Russo, 
Casco Bianco a La Paz

martedì 21 giugno 2016

Un calcio contro la radicalizzazione



Tutti in campo contro la radicalizzazione. Mercoledi 1° giugno, in occasione della visita dell’ambasciatore dell’Unione europea, Rupert Joy alle attività del progetto “Radicalisme, non merci!” che ProgettoMondo Mlal sta portando avanti a Béni Mellal in Marocco, è andata in campo una partita di calcio con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche della radicalizzazione e sui valori del dialogo, della tolleranza e del rispetto della diversità. All’incontro, a cui ha dato il calcio d’inizio lo stesso ambasciatore, hanno preso parte squadre miste composte da rappresentanti dei diversi organismi della società civile partner del progetto, insegnanti e giovani beneficiari del progetto.
Il progetto “Radicalisme, non merci!”, la cui metodologia di intervento riposa sull’esperienza sviluppata da ProgettoMondo in questi anni, è realizzato in stretta collaborazione con il Ministero dell’Educazione e prevede il coinvolgimento attivo di associazioni locali e realtà sociali, indispensabile per il successo e la durabilità dell’iniziativa.
Lavorare seriamente su una tematica del genere significa, infatti, toccare gli aspetti più sensibili della coesione sociale del paese, significa attribuire responsabilità precise a chi questa coesione dovrebbe
garantirla.
Perché allora non investire soprattutto sugli educatori e sulla psicologia adolescenziale, e provare a impostare una contro-narrazione digitale, diffondendo in rete esempi positivi di personaggi più o meno conosciuti che sono rifuggiti o non hanno ceduto al fascino delle idee jihadiste?
Senz’altro per formare gli educatori, occorre, oltre a un curriculum adeguato (e ProgettoMondo Mlal lavora in Marocco da 15 anni sull’educazione integrale dei giovani), il sostegno di chi definisce le priorità educative del paese.
Sono sufficienti meno di 200 euro per consentire a un insegnante di frequentare il pacchetto di formazione previsto dal progetto “Radicalisme, non merci!”. Un percorso che prevede di dotare il capitale umano degli organismi socio-educativi degli strumenti pedagogici necessari per sostenere i giovani nel loro sviluppo personale , nella formazione di uno spirito critico, nella valorizzazione della pluralità e nella ricerca del benessere individuale e collettivo. Una formazione che si focalizzerà non solo sulle dinamiche psicosociali tipiche dell’adolescenza nelle quali prende forma il fenomeno della radicalizzazione, ma che sarà tesa a far emergere anche i legami tra quest’ultima e le nuove tecnologie. Questa formazione, consentirà agli operatori di affrontare la seconda parte del progetto che prevederà la realizzazione sul campo di percorsi educativi di prevenzione della radicalizzazione.

Marco De Cesari
equipe ProgettoMondo Mlal Marocco